Rispondo di getto, poi leggo anche gli altri, così sarò spero, più utile.
Il vuoto (MU) è la quint'essenza del karateka, ma anche le altre AM penso siano molto vicine al concetto, ed è di fondamentale importanza, essendo secondo me, il nocciolo della situazionalità.
Infatti, non bisogna mai pensare "faccio questo, poi questo ed infine quest'altro", bisogna fare e basta.
Io tendo ad istruire i miei allievi al "fare senza pensare", se non hai una strategia, non sei prevedibile, se la tua tattica è adattamento continuo come acqua nel recipiente, ma deciso e risoluto come ventro tra i rami, è ben difficile prevederti e reagire per vincolarti.
Naturale che però, non stiamo parlando solo di tecnica, ma soprattutto di cuore e mente, quindi di attitudini che richiedono tempo per essere sviluppate, e tanto impegno.
Mi piace dire che "il cuore fermo e la mente fredda, distruggono le montagne".
Mantenere la mente fredda, è un procedimento che si impara in continuo, si allenano in maniera congrua durante la DP, dove la cosa è essenziale ai fini di reazione immediata si, ma anche congrua.
Il cuore fermo è più difficile, devi essere conscio "di essere", dei tuoi limiti, della tua paura, del fatto che forse non torni a casa vivo, di ciò che sarà, in sostanza, non ti devi curare minimamente.
Qui non si tratta più di solo condizionamento mentale, si tratta scoprire e soprattutto accettare i propri limiti, seguendo la Via del budoka, "Egli sa che il suo funerale è già stato celebrato, vive dunque, in attesa della morte", inequivocabile che ciò non si impari così, su due piedi.
Dalla mia esperienza, ho capito che la prima cosa è necessaria per la seconda, più cresci nella mente fredda, più cresci, ma mooolto più lentamente nel cuore fermo.
Esiste poi il vuoto, inteso come lavoro da soli, senza uke.
Il karate si poggia su kihon, kata e kumite, ai novizi si danno prima dei kihon, per capire il senso, poi un kata, e quando acquisisce quel minimo di capire, diciamo tre o sei lezioni, in base all'allievo, gli si comincia a dare del kumite.
Inequivocabile dunque, che il lavoro a solo sia indispensabile, sia per il miglioramento tecnico, sia per la precisione, sia per il controllo del proprio corpo.
Liberi dal problema di adattamento ad uke, possiamo concentrarci solo su di noi, individuando e correggendo eventuali errori.
Se il lavoro è corretto, considerando che anche i colpitori sono lavoro a solo, quando poi andremo in kumite, potremo mettere in pratica ed affinare quanto raccolto nel lavoro a solo, poichè se ciò che abbiamo migliorato !è in noi" (vedi MU), potremo farlo uscire quando la situazione lo riterrà utile, migliorando quindi nettamente le nostre capacità.