Grazie a tutti per le risposte!!
Biomeccanicamente io ho sempre studiato che il movimento è identico indipendentemente da cosa si maneggi...per cui certe linee le riproduci pare pare che sia con un colpo di mano, con un coltello, un bastone più lungo o altro.
E'ovvio, penso ai movimenti dello shinai e simili guidati dal braccio arretrato, che poi vi siano degli adattamenti legati al peso dell'arma o al suo raggio d'azione.
Si, è il principio che "le armi sono il prolungamento del corpo": se hai un buon uso del corpo, dei buoni principi di movimento, poi usando le armi applicherai quei principi e non vi sarà differenza. E' uno dei motivi per cui in molti stili cinesi come l'Yiquan l'uso delle armi viene insegnato molto tardi, perchè riflette tutto l'allenamento precedente. Anch'esso deve infine portare, a muoversi liberamente, realizzando una "shadow boxing" (Jianwu) anche con le armi, come anche per le mani nude.
Nel krabi krabong l'"intercambiabilità" dell'arma è una caratteristica non solo presente, ma anche marcata. Quando impari ad usare un'arma, puoi riversare ciò che hai imparato nell'usarlo maneggiando una sedia, una padella, un'altra arma "seria"....
Poi è chiaro - ogni arma ha anche caratteristiche peculiari che vanno usate... Ma mai a discapito dell'interoperabilità.
Infatti è stata proprio una risposta che mi diede l'utente Berserk sul rapporto mani nude/armi nel Krabi Krabong a stimolare questa mia riflessione.
Quello che si studia con un'arma ( ma anche a mani nude) è l'applicazione di alcuni principi, e questi sono traducibili quasi sempre ( tanto e yari richiedono applicazione di principi diversi)
Questo è interessante. Io pensavo che più aumentasse la codificazione formale, quindi la creazione specifici di Kata (a solo o in coppie) è più veniva meno la possibilità di questa interoperabilità. Pensavo che fosse più difficile trovarla, se non con un lavoro personale, nel Bujutsu classico, nel Kobudo okinawense e nel Kung Fu cinese. Invece tu mi confermi che è presente anche nel Bujutsu giapponese: potresti spiegare come questo tradizionalmente avviene?
il concetto di intercambiabilità è sacrosanto, ma parlando di principi, di concetti
questa "intercambialità" da una base, più o meno solida, più o meno valida, ma pur sempre una base
a certi livelli credo ci sia bisogno di approfondire lo studio delle particolarità di un'arma, per sfruttarla al meglio possibile, tirare fuori tutte le sue potenzialità
come esempio classico di "traducibilità" mi viene in mente il Kali.
sia che si usi il coltello, il bastone o si sia a mani nude, il principio di uso/combattimento è il medesimo (ovviamente con alcune modifiche), e ci sta, offre un grandissimo vantaggio: un praticante di kali è in grado di "usare" una vastissima gamma di armi proprie o improvvisate, pur non avendo un addestramento specifico, quindi saprebbe fare qualcosa anche il giorno che si trovasse in mano una katana, ma di certo non la padroneggerebbe bente tanto quanto un kendoka o un esperto di ken-jutsu...
a volte mi alleno con un amico a fare un pochino di sparring "armato", coltello vs coltello e bastone corto vs bastone corto.
all'inizio l'idea era semplice, come uso il coltello uso anche il bastone, mi basta modificare le distanze
ma allenandosi anche solo con un leggerissimo sparring (quindi non collaborativo) vengono fuori, o almeno per me così è stato, una valanga di differenze. più che altro tattico/strategiche
Il kali fu appunto la prima arte che mi venne in mente pensando questa cosa, ma vedo che non è l'unica. La sua peculiarità è che svolge uin percorso opposto rispetto alle arti marziali cinesi, partendo quindi dallo studio delle armi, per poi arrivare alle mani nude, che rispecchiano il lavoro di coltello o di bastone ( forse anche nel Krabi Krabong, che dici Dorje?).
All'opposto, mi pare sensato, come dici tu, che ogni arma (esattamente come ogni stile) preveda un suo bagaglio specifico, e quindi dei movimenti specifici e a lei propri. Mi sembra un aspetto complementare dell'interoperabilità.
Infatti se a livello di principi mi pare consolidata come concezione, la mia domanda successiva che faccio a tutti voi, è:
come allenate questo principio? Il problema infatti, nelle arti marziali che partono tradizionalmente da forme, come il Taiji o lo Xingyi nel mio caso, è infatti che prevedono solo l'apprendimento del "modello standard", attraverso la ripetizione delle forme e lo studio delle applicazioni, ma poi non si fa menzione del lavoro di "traducibilità", che viene lasciato alla ricerca del singolo...