Bambini

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Offline Luigi

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Bambini
« on: August 17, 2011, 11:43:08 am »
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Continuo la mia presentazione...
Ho due bimbi, il maggiore di 3 anni 1/2 e il più piccolo di 2 anni e 4 mesi.
La domanda è: come gestire la loro aggressività?
Un po' di storia che forse può aiutare a capire i miei dubbi.
Diciamo che la natura è stata abbastanza generosa con me dal punto di vista fisico, nel senso che sono stato sempre sopra la media come dimensioni (non pensate male/bene, parlo di altezza).
Oggi sono 190 cm per 95 kg. C'è anche grasso, ma muscolatura e forza non mancano!
Questo mi ha permesso di essere sempre lasciato in pace, a scuola, a naja, ecc.
Dentro di me, però, pur essendo sempre stato attratto dalla "violenza" ho sempre temuto il confronto. Ho dovuto "lavorare" molto su me stesso prima per semplici contraddittori verbali e poi per "impormi" di non fuggire di fronte ad eventuali aggressioni fisiche (la fuga sarebbe stata la soluzione più istintiva).
Da bambino ero un gioiosone che mai avrebbe litigato con qualcuno (se non con mia sorella).
Da ragazzo ero uno di quelli che faceva il demonio in casa (ambiente protetto) e molto meno fuori (ambiente non controllabile).
Non amo avere paura delle cose, di solito affronto le mie paure... quindi ho praticato un po' di AM/SDC (solo palestra, niente incontri) ed ho fatto il buttafuori (diciamo amatorialmente ;))
Ma in diverse occasioni nella mia vita avrei voluto reagire o fare del male ma non sono stato in grado di farlo.
E questo mi ha fatto stare male, tanto. E ancora oggi non ho avuto modo di misurarmi, di capirmi, di avere una risposta alla domanda che spesso mi pongo: SAREI IN GRADO DI FARLO?
Mi sono chiesto e mi chiedo se questo "blocco" possa essere genetico o "imposto" da genitori che sono sempre stati contrari alla violenza e che quindi possano avermi, in un certo senso, inibito.
Visto che non ho la certezza di quale sia la ragione di questo e che non vorrei mai che i miei figli si trovino a provare ciò che ho passato io mi interrogo spesso sul da farsi.
Specie nel più grande noto una certa difficoltà ad interagire con gli altri e una eccessiva "sensibilità"... in pratica mi somiglia troppo.
Con me e il fratello gioca alla lotta ed a volte è anche troppo irruento con il piccolo e quindi sono costretto a bloccarlo.
Con gli altri invece è più timoroso e quando capita che abbia comportamenti aggressivi (con bimbi o bimbe che non gli hanno fatto nulla) bisogna fare in modo che non faccia male quindi fermarlo.
Il concetto di essere aggressivi solo con chi lo è per primo non passa (e mi pare naturale) quindi come gestire?
Sono due bimbi con l'argento vivo addosso, corpulenti  e testoni fino all'inverosimile quindi difficili da contenere.
Spero che siano solo pipponi che mi tiro io...



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Offline ^'V'^

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Re:Bambini
« Reply #1 on: August 17, 2011, 12:38:42 pm »
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Il tuo caso non è affatto strano, la fuga è la prima reazione istintiva, se non altro per recuperare oggetti.

Se devi difendere il tuo orgoglio, la fuga è istintiva, se devi difendere i tuoi bimbi o se hai già le spalle al muro, l'attacco sarà la reazione istintiva, se non altro per poterti creare un'opportunità di fuga.

Nel momento in cui attacchi, si apre la porta dell'ignoto, che fa ovviamente più paura della fuga.

Non puoi sapere cosa succederà, potresti anche "vincere" ma morire il giorno dopo per le ferite.

Per cui, non preoccuparti, se evitare i guai è nel tuo sangue, sei in buona compagnia.

Molti attaccano per PAURA di essere considerati codardi.

I tuoi bimbi sono in una fase in cui devono essere lasciati liberi di giocare alla lotta, abituarsi al contatto fisico, come gli altri cuccioli di specie predatorie.

A questo proposito credo che sport come il judo o il BJJ siano molto buoni perché li abituano al contatto, a tenere l'equilibrio, a non aver paura di cadere...ma devono essere praticati per gioco ed in totale assenza di agonismo.

Come i gattini che una volta vince uno e la volta dopo quell'altro.

L'aggressività, nasce dalla paura.

A questo proposito ti copincollo un brano che scrisse molti anni or sono il mio caro amico Massimo Mondini.

Spoiler: show
ELEMENTI DI PEDAGOGIA PRIMITIVA
di Massimo Mondini

Circa 1000 anni fa, all'alba, in prossimità di una costa in Normandia, l'erba coperta di fredda brina è spazzata da un vento gelido; i ragazzini del villaggio, sotto l'occhio vigile del maestro, si affrontano negli esercizi di lotta; al tramonto, dopo la giornata di pesca e di caccia, saranno gli adulti a dar vita all'antico rito della Gouren, la lotta bretone. A distanza di varie migliaia di chilometri sta avvenendo qualcosa di molto simile: un cerchio tracciato sulla sabbia entro il quale rotolarsi, afferrarsi e far capriole ma siamo in un villaggio in Turchia ed il rito, forse ancora più antico, non è simile solo nella sostanza ma anche nel nome, la lotta tradizionale turca si chiama infatti Gures. E così in tutto il resto del pianeta ogni civiltà possiede la sua forma di lotta tradizionale... sarei quasi tentato di connotarla come "lotta educativa" ma risulterebbe una brutta tautologia: la lotta di questo tipo è educazione; rappresenta una delle strade più antiche ed efficaci per la formazione dell'individuo e del gruppo. Gli Islandesi praticano la Glima, spesso a torso nudo nella neve, gli Svizzeri parlano con orgoglio della loro Schwingen come dello sport nazionale, i Sardi stanno riscoprendo "s'istrumpa" e i Gallesi la Cornwall. L'elenco potrebbe continuare fino a coprire praticamente l'intero pianeta: quasi tutte le popolazioni, indipendentemente dalla loro ubicazione e dalle caratteristiche socioculturali, hanno tramandato per millenni la pratica di una forma di lotta "etnica" con caratteristiche ben precise, la maggior parte delle quali comuni a tutte.
Nel microcosmo di un villaggio, l'educazione dei ragazzi era tenuta in massima considerazione e quindi affidata ai membri più saggi e più capaci del gruppo: in molte culture non vi erano figure deputate specificatamente all'educazione in quanto ogni membro del clan era tenuto a fare la sua parte insegnando ciò che poteva o comunque rendendosi utile nella tutela e nell'accudire i bambini. In ogni caso la lotta ha sempre avuto un ruolo di primissimo piano nel processo formativo dei bambini e non a caso. Imparare a lottare "costringe" l'individuo a relazionarsi con le altre persone in maniera molto diretta: si parte proprio dalla materia; le prese sulla pelle, il contatto tra i corpi, il dover gestire l'azione dinamica delle spinte e delle trazioni di un'altra persona sul nostro corpo. Si impara a riconoscere le persone dalla densità dei loro tessuti, dal ritmo del loro respiro e dalle loro movenze. Si impara soprattutto a non avere paura delle persone, a relazionarsi agli altri con tranquillità e sicurezza, a divenire esseri sociali in tutto e per tutto. In società più complesse e stratificate la lotta ebbe altrettanto valore: nella cultura ellenica, sono molti i filosofi famosi che ne elogiano le proprietà: sia Platone che Senofonte, ad esempio, citano la lotta come strumento di Kalogathia, l'educazione sincrona di mente e corpo, alla quale si deve prestare la massima cura. Testimonianze analoghe compaiono antecedentemente anche nelle civiltà Mesopotamiche ed in quella Egizia. In tali ambiti, gli stili divennero tecnicamente più raffinati e gli intenti pedagogici si esplicitarono e si conformarono alle esigenze della vita del luogo: il precettore, mentre insegna le tecniche, tramanda anche una filosofia ed una serie di strategie applicabili alla vita quotidiana. Tra tutti i principi tramandati domina quello della Mêtis (intelligenza astuta) da contrapporre all'uso indiscriminato e brutale della forza fisica. Naturalmente anche le forme di lotta di altre popolazioni erano pregne di significati analoghi ma la minor predisposizione all'astrazione e alla retorica di queste, faceva sì che la trasmissione avvenisse esclusivamente, o quasi, attraverso l'esempio e la pratica. All'interno nostro modello di pensiero tendiamo a sottovalutare le forme di trasmissione culturale prive di una ben definita struttura teorica o comunque di schemi precisi; in altre culture, non esistendo un modello di riferimento consolidato, gran parte della validità dell'insegnamento era lasciata alla creatività, al talento, ed alla capacità di improvvisazione dell'insegnante. Ovunque questo tipo di lotta fosse praticata, in un villaggio di sanguinari predoni nomadi o nella più raffinata palestra di asceti Ateniesi, possedeva lo stesso insieme di caratteristiche tecniche e attitudinali, tra le quali spicca l'assoluta proibizione di arrecare danno o anche solo causare dolore all'avversario. Questo rappresenta un insegnamento di inestimabile valore: nel combattimento, che si può intendere come estremo atto di confronto e scontro tra due persone, esse si affrontano nel pieno rispetto dell'incolumità e dell'integrità del prossimo. Ne emerge un profondo senso di rispetto e di "paritarietà relazionale" difficilmente sviluppabile con altri metodi.

Durante il '900, probabilmente a causa delle forti variazioni nel tessuto sociale, nelle correnti politiche e nel comune "sentire" delle popolazioni Europee e mondiali, la lotta ed altre forme di cultura tradizionale subirono un forte decremento a favore di sistemi pedagogici più schematici e del fenomeno sport che, pur essendo foriero di valori positivi, tende a limitare l'educazione e l'espressione fisica al confronto agonistico e quindi alla ricerca del risultato-vittoria. Ma è proprio grazie al mondo dello sport e dell'agonismo che si sono tramandate fino ad oggi due bellissime forme di lotta tradizionale: la lotta olimpica ed il judo. Attualmente sono molti i genitori che, intuendone istintivamente il grande potenziale educativo intrinseco, incoraggiano i figli alla pratica di tali discipline. Alla luce di quanto esposto tale scelta appare più che plausibile; è importante però rammentare che l'approccio agonistico-sportivo a tali discipline ne ha condizionato l'evoluzione al punto da diminuirne drasticamente il valore formativo. Da un punto di vista dell'educazione corporea, l'esasperazione dell'agonismo ha favorito la ricerca del massimo sviluppo della forza fisica al posto della sensibilità e delle abilità percettive del movimento, e ciò condiziona ovviamente anche il bagaglio tecnico degli atleti. Inoltre il confronto agonistico crea una netta distinzione tra chi vince e chi perde e questo è molto lontano dallo spirito originario della lotta: basti pensare che, nei tornei di Gures, non viene mai applaudito il vincitore ma, al termine dell'incontro, risuona solamente un applauso finale per entrambi i contendenti come riconoscimento per il coraggio e la tecnica dimostrate.
In base alla mia esperienza posso affermare che sono comunque molti i maestri di Judo e di Lotta che riescono a tramandare i valori originari, senza lasciarsi troppo condizionare dagli aspetti peggiori dell'agonismo e che, anzi, insegnano ai ragazzi a vivere l'agonismo come un sereno momento di confronto e di scambio nel quale oltre a ricercare la vittoria su un avversario si ha l'occasione per valutare la propria condizione e la propria crescita. Il maestro Jigoro Kano, inventore del Judo, espresse due concetti a tal proposito che affascinarono, a suo tempo, anche lo stesso De Coubertin: "Miglior impiego dell'energia" da intendersi come educazione all'intelligenza corporea e mentale, più o meno come la mêtis degli Ateniesi, e "Prosperità e mutuo benessere" in palese contrapposizione al modello culturale della soprafazione e del conflitto che tanto danno ha fatto nel '900.
Allenatori, istruttori e maestri che riescono a comunicare questi concetti, attraverso la pratica fisica quotidiana, forniscono ai loro allievi, giovani e meno giovani, uno strumento utile per coordinare ed armonizzare le energie e le pulsioni che, come esseri umani, ci portiamo dentro. In Brasile sono migliaia le storie di ragazzini usciti dal mondo della delinquenza grazie al maestro di lotta del quartiere ed anche in Italia vi sono molte realtà di questo tipo: una su tutte quella di Padre Mario Loi, un sacerdote di Torino che allontana i ragazzi dalla vita di strada attraverso la pratica del Sambo (lotta di matrice Russa). Possiamo quindi osservare come, nonostante le molteplici variazioni che il nostro tessuto sociale ha subito nei secoli, il nostro essere psicofisico risponda ancora positivamente a stimoli antichi che riescono a temperare ed integrare gli impulsi primordiali e le esigenze della vita sociale.


tratto da: http://www.movimentoarcaico.com/articoli%20cultura/pedagogiaprimitiva.htm
« Last Edit: August 17, 2011, 13:19:46 pm by ^'V'^ »
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Offline Luigi

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Re:Bambini
« Reply #2 on: August 17, 2011, 12:46:17 pm »
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Il tuo caso non è affatto strano...

A questo proposito ti copincollo un brano che scrisse molti anni or sono il mio caro amico Massimo Mondini.

Per quanto riguarda me non ci troverei niente di  male neanche io se non fosse che l'essere così "scaccia guai" mi fa star male! Ma prima o poi troverò la quadra, spero!

Per quanto riguarda i bambini leggerò con molta attenzione il brano che mi hai postato. Grazie!

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Offline Giorgia Moralizzatrice

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Re:Bambini
« Reply #3 on: August 17, 2011, 13:03:10 pm »
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Se ci fossero di mezzo persone che ami pensi che fuggiresti? non vedo nulla di cui vergognarsi nella fuga anzi se sei solo è la strategia migliore per evitare danni. perché ti fa stare male?
I requisiti per una discussione sono onestà intellettuale e una mente aperta, senza questi nessun confronto è possibile

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Offline Luigi

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Bambini
« Reply #4 on: August 17, 2011, 13:11:02 pm »
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Probabilmente quello che mi fa stare male è il disallineamento tra cuore e cervello (banalizzando). A volte il cuore vorrebbe attaccare e il cervello rifiuta (o il contrario se vuoi).
Un conto è scegliere di non scontrarsi, un altro sentirsi obbligati a non farlo (o impossibilitati a farlo).


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Offline Giorgia Moralizzatrice

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Re:Bambini
« Reply #5 on: August 17, 2011, 13:21:41 pm »
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Come andava nella pratica marziale? visto che uno dei punti che ti fanno star male è non sapere se ce la faresti perché non inizi un buon corso di dp magari ti aiuterebbe a trovare risposte e a riallineare cuore e cervello..
I requisiti per una discussione sono onestà intellettuale e una mente aperta, senza questi nessun confronto è possibile

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Offline Darth Dorgius

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Re:Bambini
« Reply #6 on: August 17, 2011, 13:24:19 pm »
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Luigi, in merito al comportamento dei tuoi bambini, ti linko questo post che ho scritto un po' di tempo fa:

https://www.artistimarziali.org/forum/index.php?topic=48.msg170146#msg170146

In sostanza, l'aggressività è naturale, e inibirla produce problemi (anch'io ho blocchi come il tuo a causa dell'educazione). Bisogna comunque saperla "trasformare", il punto è solo quello. ;)
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Re:Bambini
« Reply #7 on: August 17, 2011, 13:31:17 pm »
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Probabilmente quello che mi fa stare male è il disallineamento tra cuore e cervello (banalizzando). A volte il cuore vorrebbe attaccare e il cervello rifiuta (o il contrario se vuoi).
Un conto è scegliere di non scontrarsi, un altro sentirsi obbligati a non farlo (o impossibilitati a farlo).


Beh, è un normale condizionamento culturale che subiamo tutti.

Ma è fallace.

Se è vero che si può fare a cazzotti uno contro uno per una donna, è anche vero che l'uomo è predatore all'uomo, come il ratto, quindi all'interno della nostra specie il combattimento può essere mortale e non privo di asimmetrie nell'armamento o nelle intenzioni.

Ora, un pensiero che ti può aiutare, considerando che Homo Homini Lupus, è questo: invece di pensare "davanti a me c'è un altro maschio e devo dimostrargli che sono più maschio io" (cosa per cui ci sono le sedi e i regolamenti preposti)... pensa a cosa faresti se un cane randagio volesse morderti.

Indipendentemente dal fatto che potresti batterlo o meno, cercheresti di evitare i morsi, di scappare, magari di colpirlo forte al solo scopo di uscire da quella situazione, in cui anche se vinci te ne vai a casa con un morso infetto.

Non ti sentiresti un codardo a fuggire, in quel caso.

Io sono scappato da un cane, da bambino, mi ricordo la sensazione. Quando poi mi ha raggiunto gli ho tirato in testa una bicicletta, mi è venuto naturale e non c'era desiderio di dominio o orgoglio in campo.

Ecco: siccome un uomo può essere un cane rabbioso per un altro uomo, e può anche essere armato, se pensi che sia un animale che vuole farti del male, senza implicazioni "d'onore", puoi sentirti meglio.

Per concludere ti consiglio la veloce lettura, e scorrevole, del libricino "L'arte di farsi Rispettare" di Shopenhauer http://www.ibs.it/code/9788845913747/schopenhauer-arthur/arte-farsi-rispettare.html

Forse ti farà anche un po' ridere. :-)
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Offline Luigi

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Re:Bambini
« Reply #8 on: August 17, 2011, 14:20:47 pm »
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Come andava nella pratica marziale?
Non è stata una lunga esperienza (alla fine mi sono allenato per bene per tre anni) ma a detta di maestro, allenatore e compagni andava un gran bene.
Ma anche in palestra, se non fai combattimenti, lo sparring poco aggressivo diventa una simpatica pratica con amici che non stressa ma non misura o verifica nulla o quasi.

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Offline Luigi

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Re:Bambini
« Reply #9 on: August 17, 2011, 14:28:59 pm »
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In sostanza, l'aggressività è naturale, e inibirla produce problemi (anch'io ho blocchi come il tuo a causa dell'educazione). Bisogna comunque saperla "trasformare", il punto è solo quello. ;)
Però a volte è necessario intervenire. Io cerco di stare sempre attento a non intervenire inibendo ma non vorrei sbagliare.
Qualche giorno fa mi è capitato di vedere mio figlio che aveva uno scontro con un altro bimbo. L'altro la prendeva sul serio invece per mio figlio era un gioco ed infatti aveva la faccina allegra come quando fa la lotta con me. Appena l'altro però gli ha fatto un po' male (gli ha dato un pizzicotto) è uscito dal gonfiabile piangendo. L'ho tranquillizzato sdrammatizando la cosa ma non è voluto rientrare finchè non ha visto l'altro bimbo andare via. Nessuna forzatura in merito da parte mia, ovviamente.


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Re:Bambini
« Reply #10 on: August 17, 2011, 14:30:37 pm »
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Per concludere ti consiglio la veloce lettura, e scorrevole, del libricino "L'arte di farsi Rispettare" di Shopenhauer http://www.ibs.it/code/9788845913747/schopenhauer-arthur/arte-farsi-rispettare.html

Accetto di buon grado il consiglio... anche perchè il tuo blog me lo sono già letto tutto!!  ;)

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Offline Darth Dorgius

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Re:Bambini
« Reply #11 on: August 17, 2011, 14:47:08 pm »
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Però a volte è necessario intervenire. Io cerco di stare sempre attento a non intervenire inibendo ma non vorrei sbagliare.

Si, a volte è necessario... Anche se il più delle volte la necessità viene data da esigenzi "sociali" che non da esigenze "reali".

E appunto, come dici tu, l'importante è non "inibire".

Io ho avuto la fortuna di trovare un corso, nella mia città (per bambini dai 3 ai 5 anni, appunto), nel quale si imparava a prendere confidenza con le emozioni elementari, come la rabbia. Anche questo è stato utile, per il pupo. :)

Qualche giorno fa mi è capitato di vedere mio figlio che aveva uno scontro con un altro bimbo. L'altro la prendeva sul serio invece per mio figlio era un gioco ed infatti aveva la faccina allegra come quando fa la lotta con me. Appena l'altro però gli ha fatto un po' male (gli ha dato un pizzicotto) è uscito dal gonfiabile piangendo. L'ho tranquillizzato sdrammatizando la cosa ma non è voluto rientrare finchè non ha visto l'altro bimbo andare via. Nessuna forzatura in merito da parte mia, ovviamente.

Penso che tu abbia fatto bene e che la situazione sia andata bene così. Purtoppo sono altre le situazioni che possono risultare "dannose", per farti un esempio: mio figlio stava giocando sullo scivolo, e c'era un bambino (che sebbene avesse 2 anni di più, erano della stessa stazza - come tuo figlio anche il mio è più grande e massiccio della media della sua età). Oltre ai due bambini, c'eravamo io e il padre dell'altro bambino ad osservare.

Ora, l'altro bambino spinge mio figlio. Mio figlio, abituato a giocare lottando, pensa che si stia giocando, sorride, e spinge pure lui.

Ed ecco intervenire l'altro padre, dicendo "così non si fa".

Ma l'ha detto dopo la spinta data da mio figlio, non del suo... E ti giuro che non è stato facile fargli capire perché a lui questo tipo abbia detto di "no" e a suo figlio non abbia detto niente... Ho dovuto spiegargli che il mondo è pieno d'ingiustizie (a 3 anni...), ma comunque c'è stato un periodo in cui pensava che qualsiasi cosa facesse era "male".

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Offline Luigi

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Re:Bambini
« Reply #12 on: August 17, 2011, 14:58:02 pm »
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Offline Dipper

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Re:Bambini
« Reply #13 on: August 17, 2011, 15:06:28 pm »
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Penso che tu abbia fatto bene e che la situazione sia andata bene così. Purtoppo sono altre le situazioni che possono risultare "dannose", per farti un esempio: mio figlio stava giocando sullo scivolo, e c'era un bambino (che sebbene avesse 2 anni di più, erano della stessa stazza - come tuo figlio anche il mio è più grande e massiccio della media della sua età). Oltre ai due bambini, c'eravamo io e il padre dell'altro bambino ad osservare.

Ora, l'altro bambino spinge mio figlio. Mio figlio, abituato a giocare lottando, pensa che si stia giocando, sorride, e spinge pure lui.

Ed ecco intervenire l'altro padre, dicendo "così non si fa".

Ma l'ha detto dopo la spinta data da mio figlio, non del suo... E ti giuro che non è stato facile fargli capire perché a lui questo tipo abbia detto di "no" e a suo figlio non abbia detto niente... Ho dovuto spiegargli che il mondo è pieno d'ingiustizie (a 3 anni...), ma comunque c'è stato un periodo in cui pensava che qualsiasi cosa facesse era "male".

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Offline Darth Dorgius

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Re:Bambini
« Reply #14 on: August 17, 2011, 15:12:55 pm »
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Penso che tu abbia fatto bene e che la situazione sia andata bene così. Purtoppo sono altre le situazioni che possono risultare "dannose", per farti un esempio: mio figlio stava giocando sullo scivolo, e c'era un bambino (che sebbene avesse 2 anni di più, erano della stessa stazza - come tuo figlio anche il mio è più grande e massiccio della media della sua età). Oltre ai due bambini, c'eravamo io e il padre dell'altro bambino ad osservare.

Ora, l'altro bambino spinge mio figlio. Mio figlio, abituato a giocare lottando, pensa che si stia giocando, sorride, e spinge pure lui.

Ed ecco intervenire l'altro padre, dicendo "così non si fa".

Ma l'ha detto dopo la spinta data da mio figlio, non del suo... E ti giuro che non è stato facile fargli capire perché a lui questo tipo abbia detto di "no" e a suo figlio non abbia detto niente... Ho dovuto spiegargli che il mondo è pieno d'ingiustizie (a 3 anni...), ma comunque c'è stato un periodo in cui pensava che qualsiasi cosa facesse era "male".

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