Kata: rapporto tra forme e combattimento

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Offline Darth Dorgius

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Re:Kata: rapporto tra forme e combattimento
« Reply #75 on: September 13, 2011, 07:29:30 am »
0
Per superiore intendo dire che, una volta imparato a combattere (base di un'arte marziale), allora puoi dedicarti a "raffinare" i movimenti e studiare il tuo corpo in modalità anche differenti. :)
Cittadino del Territorio Libero di Trieste.

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muteki

Re:Kata: rapporto tra forme e combattimento
« Reply #76 on: September 13, 2011, 08:07:55 am »
0
mah, a me la cosa non sembra difficile>
il kata serve a imparare tecniche e a eseguirle in modo impeccabile.
è un allenamento su più livelli, che ci portiamo dietro tutta la vita eseguendolo in modo diverso a seconda di molti fattori (età, capacità personale, conoscenze)
il kata offre dei bunkai, che insegnano tecniche di difesa personale
MA
il kata non insegna di per sé a combattere. solo combattendo realmente si può imparare a difendersi. un allenamento di solo kata non basta. occorre usare quelle tecniche, espresse nei bunkai, allenandole in contesti realistici e soprattutto di continuo

il kumite, poi, è un' altra cosa ancora...

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Offline Chinaski

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Re:Kata: rapporto tra forme e combattimento
« Reply #77 on: September 13, 2011, 08:43:54 am »
0
sì ma ricercare l'efficacia contro il bimbominkia è davvero triste...

non si ricerca l'efficacia contro il bimbominkia si ricerca l'efficacia nel sapersi difendere:
passare anni facendosi enormi pipponi mentali ad elevarsi spiritualmente e poi prenderle da un bimbominkia è cosa ancor piu' triste per me  :thsit:

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Luca Bagnoli

Re:Kata: rapporto tra forme e combattimento
« Reply #78 on: September 13, 2011, 09:25:24 am »
+1
Infatti anche praticare per " elevarsi spiritualmente " è moooooooolto triste. Sarebbe meglio praticare per divertimento se possibile. Poi io sono il terrore di bulli-bimbiminchia-teppisti-creditori ecc ecc

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Offline Fabio Spencer

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Re:Kata: rapporto tra forme e combattimento
« Reply #79 on: September 13, 2011, 09:30:38 am »
0
Infatti anche praticare per " elevarsi spiritualmente " è moooooooolto triste. Sarebbe meglio praticare per divertimento se possibile. Poi io sono il terrore di bulli-bimbiminchia-teppisti-creditori ecc ecc
motivo dell'appoggio.
"vi prego di notare l'eleganza del piano nella sua semplicità...."


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Offline fdul

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Re:Kata: rapporto tra forme e combattimento
« Reply #80 on: September 13, 2011, 09:37:53 am »
+3
mah, a me la cosa non sembra difficile>
il kata serve a imparare tecniche e a eseguirle in modo impeccabile.
è un allenamento su più livelli, che ci portiamo dietro tutta la vita eseguendolo in modo diverso a seconda di molti fattori (età, capacità personale, conoscenze)
il kata offre dei bunkai, che insegnano tecniche di difesa personale
MA
il kata non insegna di per sé a combattere. solo combattendo realmente si può imparare a difendersi. un allenamento di solo kata non basta. occorre usare quelle tecniche, espresse nei bunkai, allenandole in contesti realistici e soprattutto di continuo
il kumite, poi, è un' altra cosa ancora...

Ho capito, ma mi sembrano tutte risposte piuttosto vaghe.
Cioè: mi si definisce una tecnica "impeccabile" codificando i kata al millimetro, ma poco o nulla si dice su come si realizza step by step la successiva, decisiva fase di trasferimento alle situazioni "reali" (aperte, applicate, come le vogliamo chiamare): tanto è nitida la visione del kata quanto è fumoso il collegamento con il resto della pratica.

In linea di principio, non mi scandalizza più di tanto l'idea che i movimenti di un esercizio siano diversi dai movimenti "finali", quelli della prestazione attesa: basta ammettere che l'esercizio non serve ad apprendere la tecnica esatta (come vorrebbe KitsuneWind) ma al massimo qualcuno dei suoi elementi o dei suoi presupposti.

Un esempio alla buona: un simil-maegeri ritornato, effettuato partendo da posizione inginocchiata con le ginocchia unite, non è chiaramente uguale alla tecnica reale che si porta da una posizione di guardia, magari dinamica. Però contiene una specifica difficoltà, che obbliga al caricamento del ginocchio per non strisciare a terra il piede che colpisce, e sollecita i sistemi preposti al mantenimento dell'assetto e dell'equilibrio durante il movimento.
Quando questo esercizio è padroneggiato sufficientemente, quando il caricamento del ginocchio è assimilato, non si insisterà a vita su di esso, ma si passerà ad un altro esercizio, che si potrà focalizzare su un altro aspetto partendo però da una base adeguata, in modo da arrivare step-by-step a una tecnica corretta (dove "corretta" è sempre in rapporto al bersaglio: una "tecnica ideale a vuoto" ha senso quanto il "suono di una sola mano" del celebre dilemma Zen).

Il fatto è che il kata non svolge questa funzione, perchè parte da un principio diametralmente opposto: vuole contenere la summa della perfezione della tecnica, il movimento talmente raffinato e perfetto che va oltre ogni possibilità di applicazione reale, a cui i più bravi si avvicineranno, ma sempre con delle pecche. Vuole contenere tutti gli innumerevoli aspetti a cui il marzialista deve tendere, tanto che affrontarli tutti richiede uno studio infinito. Addirittura, dice più o meno Dorje, non solo non serve per imparare a combattere, ma presuppone già il saperlo fare!

Insomma, quando si passa dalla descrizione di come va eseguito il kata (e fin qui siamo tutti dei pozzi di scienza esatta) alla sua utilità concreta, alla traduzione in pratica, al collegamento con le altre parti dell'allenamento, si sa dire solo che questo collegamento "c'è". A domande più precise, si tergiversa, riservandosi al limite la "via di fuga" nel classico: "E' una cosa che ogni allievo deve trovare personalmente". Che è un modo raffinatissimo di dire "Questa cosa non te la so insegnare, arrangiati".

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Offline Darth Dorgius

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Re:Kata: rapporto tra forme e combattimento
« Reply #81 on: September 13, 2011, 09:48:54 am »
+2
Per me comunque fare kata prima di affrontare il combattimento è... Controproducente. :)

Mi spiego meglio... Il combattimento e la lotta sono attività naturali umane, e come tali si dovrebbe procedere ad allenarle come le altre attività naturali.

Per imparare a camminare bene cosa facciamo? Da piccoli cerchiamo di alzarci in piedi, poi spostiamo i piedi uno davanti all'altro controllando la gravità. Non facciamo delle pre-camminate con esercizi propedeutici (è stato anzi dimostrato che l'uso del girello rallenta di qualche mese l'apprendimento corretto della camminata). Idemo per imparare poi a correre: ci sbilanciamo in avanti e controliamo l'equilibrio del corpo spostando i piedi velocemente. E per i salti? Saltiamo...

DOPO, una volta raggiunta la "tranquillità" con queste azioni, proviamo a sperimentare nuove cose, a modificarle... Da piccoli iniziamo a camminare e alzarci sui polpacci per moleggiare, facciamo saltini ogni tanto, sperimentiamo altri modi per ruotare... Insomma, si inizia a sperimentare DOPO che stiamo ben in equilibrio sui nostri piedi, e siamo stabili (insomma, dopo aver integrato perfettamente le BASI).

E allora perché per imparare a combattere si dovrebbe prima fare qualcosa che non è combattimento, e che riconduce a schemi che sono anzi alieni? Quello studio andrebbe fatto DOPO aver intergrato il combattimento, che è la BASE di ogni arte marziale.

Quando abbiamo imparato a combattere, allora possiamo dedicarci a sperimentare e sentire, a OSARE cosa nuove...

(imho eh... ;) )
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Luca Bagnoli

Re:Kata: rapporto tra forme e combattimento
« Reply #82 on: September 13, 2011, 09:53:59 am »
0
Grande Dorje , quoto il tuo interessante punto di vista.

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Offline fdul

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Re:Kata: rapporto tra forme e combattimento
« Reply #83 on: September 13, 2011, 09:59:50 am »
0
Per imparare a camminare bene cosa facciamo? Da piccoli cerchiamo di alzarci in piedi, poi spostiamo i piedi uno davanti all'altro controllando la gravità. Non facciamo delle pre-camminate con esercizi propedeutici (è stato anzi dimostrato che l'uso del girello rallenta di qualche mese l'apprendimento corretto della camminata). Idemo per imparare poi a correre: ci sbilanciamo in avanti e controliamo l'equilibrio del corpo spostando i piedi velocemente. E per i salti? Saltiamo...
DOPO, una volta raggiunta la "tranquillità" con queste azioni, proviamo a sperimentare nuove cose, a modificarle... Da piccoli iniziamo a camminare e alzarci sui polpacci per moleggiare, facciamo saltini ogni tanto, sperimentiamo altri modi per ruotare... Insomma, si inizia a sperimentare DOPO che stiamo ben in equilibrio sui nostri piedi, e siamo stabili (insomma, dopo aver integrato perfettamente le BASI).

Beh, ma quelli che hai descritto SONO esercizi propedeutici al camminare, saltare, etc. Sono naturalmente propedeutici, perchè costituiscono lo sviluppo naturale dei nostri schemi di movimento. Se effettivamente il girello non funziona (non lo so, prendo per buono quello che dici), non è perchè è un esercizio propedeutico, ma perchè è un esercizio propedeutico sbagliato.
E lo stesso discorso si potrebbe fare, in tutto o in parte, per il kata.
Questo intendevo dire.

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Offline Saburo Sakai

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Re:Kata: rapporto tra forme e combattimento
« Reply #84 on: September 13, 2011, 10:00:50 am »
0

E allora perché per imparare a combattere si dovrebbe prima fare qualcosa che non è combattimento, e che riconduce a schemi che sono anzi alieni? Quello studio andrebbe fatto DOPO aver intergrato il combattimento, che è la BASE di ogni arte marziale.

Quando abbiamo imparato a combattere, allora possiamo dedicarci a sperimentare e sentire, a OSARE cosa nuove...

(imho eh... ;) )

Condivido in linea di massima il tuo ragionamento.

Però allenare troppo il "naturale" senza perfezionare di pari passo la tecnica e la conoscenza del proprio corpo introduce e consolida difetti. Lo scopo di un'arte marziale sarebbe anche quello di limarli, questi difetti, altrimenti se si volesse sviluppare al massimo le doti puramente naturali basterebbe un forte allenamento fisico e l'uso di colpitori... ma anche lì una tecnica serve, a ben vedere, se non si vuole farli a cavolo.

Il discorso sta quindi se si vuole prima esaltare i pregi, oppure prima togliere i difetti.
Lo spirito viene prima della tecnica.


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Offline Dipper

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Re:Kata: rapporto tra forme e combattimento
« Reply #85 on: September 13, 2011, 10:06:38 am »
0
mah, a me la cosa non sembra difficile>
il kata serve a imparare tecniche e a eseguirle in modo impeccabile.
è un allenamento su più livelli, che ci portiamo dietro tutta la vita eseguendolo in modo diverso a seconda di molti fattori (età, capacità personale, conoscenze)
il kata offre dei bunkai, che insegnano tecniche di difesa personale
MA
il kata non insegna di per sé a combattere. solo combattendo realmente si può imparare a difendersi. un allenamento di solo kata non basta. occorre usare quelle tecniche, espresse nei bunkai, allenandole in contesti realistici e soprattutto di continuo
il kumite, poi, è un' altra cosa ancora...

Ho capito, ma mi sembrano tutte risposte piuttosto vaghe.
Cioè: mi si definisce una tecnica "impeccabile" codificando i kata al millimetro, ma poco o nulla si dice su come si realizza step by step la successiva, decisiva fase di trasferimento alle situazioni "reali" (aperte, applicate, come le vogliamo chiamare): tanto è nitida la visione del kata quanto è fumoso il collegamento con il resto della pratica.

In linea di principio, non mi scandalizza più di tanto l'idea che i movimenti di un esercizio siano diversi dai movimenti "finali", quelli della prestazione attesa: basta ammettere che l'esercizio non serve ad apprendere la tecnica esatta (come vorrebbe KitsuneWind) ma al massimo qualcuno dei suoi elementi o dei suoi presupposti.

Un esempio alla buona: un simil-maegeri ritornato, effettuato partendo da posizione inginocchiata con le ginocchia unite, non è chiaramente uguale alla tecnica reale che si porta da una posizione di guardia, magari dinamica. Però contiene una specifica difficoltà, che obbliga al caricamento del ginocchio per non strisciare a terra il piede che colpisce, e sollecita i sistemi preposti al mantenimento dell'assetto e dell'equilibrio durante il movimento.
Quando questo esercizio è padroneggiato sufficientemente, quando il caricamento del ginocchio è assimilato, non si insisterà a vita su di esso, ma si passerà ad un altro esercizio, che si potrà focalizzare su un altro aspetto partendo però da una base adeguata, in modo da arrivare step-by-step a una tecnica corretta (dove "corretta" è sempre in rapporto al bersaglio: una "tecnica ideale a vuoto" ha senso quanto il "suono di una sola mano" del celebre dilemma Zen).

Il fatto è che il kata non svolge questa funzione, perchè parte da un principio diametralmente opposto: vuole contenere la summa della perfezione della tecnica, il movimento talmente raffinato e perfetto che va oltre ogni possibilità di applicazione reale, a cui i più bravi si avvicineranno, ma sempre con delle pecche. Vuole contenere tutti gli innumerevoli aspetti a cui il marzialista deve tendere, tanto che affrontarli tutti richiede uno studio infinito. Addirittura, dice più o meno Dorje, non solo non serve per imparare a combattere, ma presuppone già il saperlo fare!

Insomma, quando si passa dalla descrizione di come va eseguito il kata (e fin qui siamo tutti dei pozzi di scienza esatta) alla sua utilità concreta, alla traduzione in pratica, al collegamento con le altre parti dell'allenamento, si sa dire solo che questo collegamento "c'è". A domande più precise, si tergiversa, riservandosi al limite la "via di fuga" nel classico: "E' una cosa che ogni allievo deve trovare personalmente". Che è un modo raffinatissimo di dire "Questa cosa non te la so insegnare, arrangiati".
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Offline Darth Dorgius

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Re:Kata: rapporto tra forme e combattimento
« Reply #86 on: September 13, 2011, 10:07:32 am »
0
Però allenare troppo il "naturale" senza perfezionare di pari passo la tecnica e la conoscenza del proprio corpo introduce e consolida difetti.

Ti faccio una domanda.

In combattimento il pugno lo tiri così?

Age uke gyaku tsuki

O lo tiri così?

Boxing Lessons for Beginners : Jab & Cross Combo in Boxing

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Offline Saburo Sakai

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Re:Kata: rapporto tra forme e combattimento
« Reply #87 on: September 13, 2011, 10:14:21 am »
0
E tu mi paragoni una bambina di 5 anni ad un omaccione muscoloso ?  :D
Ci tieni proprio ad avere ragione !

Comunque...
Lo tiro nel secondo modo, ma in maniera molto meno grezza perché ho messo le basi nel primo modo...   ;)
Lo spirito viene prima della tecnica.

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Offline Darth Dorgius

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Re:Kata: rapporto tra forme e combattimento
« Reply #88 on: September 13, 2011, 10:23:23 am »
0
E tu mi paragoni una bambina di 5 anni ad un omaccione muscoloso ?  :D

Mi pare che non lo faccia affatto male, no? :)

E poi l'ho messo apposta per svincolare tecnica da persona che la tira... Ma se vuoi, ti posto un altro bambino:

MMA KIds

Ci tieni proprio ad avere ragione !

Non proprio, mi piace solo condividere il mio punto di vista. È comunque maturato in molti anni, a qualcuno può interessare. :)

Lo tiro nel secondo modo, ma in maniera molto meno grezza perché ho messo le basi nel primo modo...   ;)

Ok. E questo spiega perché i nostri punti di vista sono tanto diversi. :)

Quando ho visto i miei bambini che imparavano a camminare, non ho visto che si esercitavano in maniera formalmente diversa alla camminata. Invece mi pare che la tecnica del gyaku tsuki che tu alleni sia formalmente diversa dal cross.

Ti lascio con un'ultima domanda (ma non mi serve una risposta, so già che non potrò vederla allo stesso modo nel quale la vedi tu):

Cosa ti fa credere che chi allena la tecnica da subito in maniera formalmente uguale a quella dell'esecuzione in combattimento sia più grezzo?
Cittadino del Territorio Libero di Trieste.

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Offline fdul

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Re:Kata: rapporto tra forme e combattimento
« Reply #89 on: September 13, 2011, 10:31:15 am »
0
E allora perché per imparare a combattere si dovrebbe prima fare qualcosa che non è combattimento, e che riconduce a schemi che sono anzi alieni? Quello studio andrebbe fatto DOPO aver intergrato il combattimento, che è la BASE di ogni arte marziale.
Quando abbiamo imparato a combattere, allora possiamo dedicarci a sperimentare e sentire, a OSARE cosa nuove...
Condivido in linea di massima il tuo ragionamento.
Però allenare troppo il "naturale" senza perfezionare di pari passo la tecnica e la conoscenza del proprio corpo introduce e consolida difetti. Lo scopo di un'arte marziale sarebbe anche quello di limarli, questi difetti, altrimenti se si volesse sviluppare al massimo le doti puramente naturali basterebbe un forte allenamento fisico e l'uso di colpitori... ma anche lì una tecnica serve, a ben vedere, se non si vuole farli a cavolo.
Il discorso sta quindi se si vuole prima esaltare i pregi, oppure prima togliere i difetti.

E meno male che "in linea di massima" eravate d'accordo!
Non sono un esperto in materia, ma la vedo così:

Per toglierli, i difetti bisogna prima metterli, anche solo concettualmente. E il modo migliore per metterli, è proporre una "tecnica" astratta, privando chi la esegue dei mezzi per valutarne la giustezza, vale a dire l'efficacia, cioè letteralmente se la tecnica ottiene l'obiettivo che si prefiggeva.

Se una persona normale non ha deficit a livello neurologico o muscolare (questi sono i veri "difetti") e non sta inchiodato a una poltrona quasi tutto il tempo come succede oggi, impara a camminare, correre, afferrare e lanciare oggetti senza difetti. E' l'applicazione stessa che li elimina; tutti i movimenti preparatori che naturalmente e progressivamente si fanno (rotolare, gattonare, alzarsi sulle gambe) riescono uno dopo l'altro "senza difetti" perchè l'obiettivo è chiaro, la verifica pure, le correzioni vengono di conseguenza.

Ma l'apprendimento di una disciplina è qualcosa di più, o di diverso: nel senso che ha il fine di rendere "naturale" per l'allievo ciò che in origine era naturale solo per qualcuno particolarmente dotato, attraverso un processo di insegnamento/apprendimento. Quindi non c'è, non ci può essere una contrapposizione tra "ciò che è naturale" e "la tecnica giusta". L'interazione tra ciò che so già fare e ciò che non so ancora fare è molto più complessa di così. Altrimenti, esattamente all'opposto di come avviene normalmente, la pratica sviluppa dei "difetti" anzichè dei movimenti corretti.
Forse è questo il problema di chi a un certo punto ha voluto vendere i kata come "metodo formativo".