dunque.
Avete messo tanta di quella carne al fuoco che è bene, affinché io non produca un trattato di biomeccanica (e non ne ho le competenze), andare al dunque.
Mano arretrata che si abbassa durante il direttoSe la mano si abbassa quando porto il diretto non è una questione di biomeccanica del movimento del diretto in sé, ma una conseguenza di alcuni fattori mentali e fisici:
- tenere il braccio arretrato alto e chiuso in guardia non è una posizione naturale e costa "fatica": bisogna tenere comunque contratti principalmente trapezio, muscoli del collo, deltoide, e avere una parte del cervello "impegnata" nel farlo. Si può disimpegnare parte del cervello solo automatizzando tale posizione, vale a dire facendola milioni di volte. Così si riuscirà anche a impegnare i muscoli suddetti solo per il minimo indispensabile
- tirando soprattutto con tutte le protezioni (guantoni da 10 o più, caschetto) la mano alta mi protegge sì, ma anche mi limita parecchio la visuale, e spesso inconsciamente durante il combattimento ho necessità di vedere meglio i colpi, concentrandomi meglio sulla precisione dell'attacco e sulla eventuale schivata, quindi a volte inconsciamente, a volte (professionisti e atleti top) deliberatamente, disimpegno la mano
- stanchezza (fattore straovvio soprattutto negli sport da ring) e poca lucidità mentale
- errori di impostazione tecnica
- eccessiva confidenza (innominabili i ko presi da atleti di sport da ring a causa di questo atteggiamento)
- combinazione del diretto con colpi che hanno biomeccanica che necessita lo spostamento in altra posizione del braccio che copre (e qui, solo per questo aspetto, ce ne sarebbe da parlare a livello tecnico)
biomeccanica del movimento del diretto e braccio arretratoLo schema semplificativo del disegno di pagina 1 (l'omino schematizzato con varie leve e ingranaggi) è, appunto uno schema semplificativo, per cui la biomeccanica del movimento è più complessa ovviamente. Però il modello, come tutti i modelli, serve per comprendere gli aspetti importanti e generali del movimento.
La forza finale del diretto generico col passo, al momento in cui si scarica sul bersaglio, dovrebbe essere costituita da una sommatoria di contributi: la forza generata dalla spinta dei piedi (preponderante, visto che stiamo trasferendo il nostro peso e spingendo con le gambe), la forza generata dalla torsione del busto dell'ampiezza corrispondente all'arco di circonferenza che il busto compie per allineare il pugno al bersaglio (allineamento pugno-avambraccio-braccio e, in alcuni casi, busto e spalle) e, ovviamente, la forza gfenerata dall'allungamento del braccio (molto minoritaria come componente).
Tralasciamo passo e allungamento del braccio per un attimo.
Analizziamo la fase di torsione del busto. Il busto trasferisce la forza generata dalla sua torsione, che è data dalla seguente formula:
F=m*a (forza = massa * accelerazione)
l'accelerazione (variazione di velocità nell'unità di tempo) è quella tangenziale, vale a dire che ha direzione tangente alla circonferenza disegnata dalle spalle (o dal busto) e verso puntato al bersaglio da colpire. Quindi: la massa ce l'abbiamo, ci manca l'accelerazione tangenziale. E quindi ci serve la velocità al momento dell'impatto, dato che quella all'istante zero (quando faccio partire il movimento) è ZERO.
la velocità tangenziale è questa:
v = W*r
(vel. tangenziale = velocità angolare * raggio della circonferenza)
la velocità ancolare W è la rapidità con cui il raggio si sposta lungo la sua circonferenza, ed è data, nel moto circolare, da 2*pigrego/T (T è il periodo, cioè il tempo impiegato per fare un giro completo della circonferenza). Nel nostro caso dipende da quanto siamo capaci a far rapidamente la nostra benedetta torsione.(approfondimenti:
http://www.mimmocorrado.it/fis/mec/motocircolare/motocircolareuniforme.pdf)
Ora, la forza tangenziale applicata dalla torsione e trasmessa al braccio attraverso la scatola articolare della spalla del braccio che colpisce, ha la sua espressione massima nel punto di escursione massima del busto.
E tale escursione è quella che fa allineare il braccio perpendicolarmente al bersaglio (se non fosse perpendicolare, vuol dire che una componente ha direzione tangenziale al bersaglio, e quindi non efficace ai fini del combattimento).
L'errore che spesso si compie è quello di lasciare il braccio in balia della torsione oltre l'angolo massimo, evitando una sorta di controllo. Il risultato si nota in modo clamoroso ai colpitori, quando i pugni dritti "sgusciano" lateralmente al colpitore stesso, e non colpiscono perpendicolarmente allo stesso.
La fase di torsione del busto deve tradursi in un movimento del braccio in linea retta, per cui deve esaurire la sua funzione al momento in cui il braccio "si lancia" contro il bersaglio perpendicolarmente. Se sbaglio questa fase, il colpo diventerà ricurvo a uscire, perché non sono riuscito a livello biomeccanico a rendere omogeno e uniforme questo trasferimento di forza generata dalla torsione in traslazione retta del mio pugno.
Ma che capita all'altro braccio, quello che deve stare in guardia? La stessa cosa che capita a quello che colpisce: tramite l'articolazione della spalla riceve una forza uguale ma in verso contrario a quella del braccio che colpisce. Quindi viene sparato indietro.
Se voglio mantenere la guardia comunque dovrò compiere con questo braccio una opposizione a tale forza, altrimenti il braccio dietro si allineerà con quello avanzato, secondo un angolo di 180°.
Se voglio che la mano stia accanto alla mandibola, dovrò quindi portarla un po' in avanti quando sparo un diretto, specie frustato e a piena potenza. E non riuscirò appieno in ciò, e il perché è evidente in come è fatto il nostro corpo: la spalla non può staccarsi dalla sua sede e avanzare oltre la linea del busto.
Ora mi fermo un attimo....mi fumano i polpastrelli.