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Non so esattamente cosa tu intenda con "bunkai"...
ma probabilmente quello che cerchi è Henka...
Applicazione...
Cioè "smontare" la tecnica dal kata ed utilizzarla in contesto differente o più libero....
So per certo che in molte palestre in cui viene studiato l'Hontai questo non viene mai fatto...in quelle palestre il Kata si studia per il Kata...
Io da quando ho cambiato Maestro ho imparato a smontare le tecniche, cercarne i principi base, e ad utilizzare questi stessi principi "fuori contesto"...
quando insegno cerco sempre, sempre di creare un legame Kihon - Kata - Henka....
faccio vedere un Kihon (es. Hiji Gime), poi lo faccio provare nel Kata (es. kataeri di Gyaku) e poi lo traspondo in Henka....
poi invito gli allievi a crecare di utilizzare quello stesso principio in contesti e con attacchi differenti...
(ulteriore Hint: per me Henka NON è difesa personale, è solo l'interpretazione del principio).
Quoto!
Il problema è proprio dove metti l'attenzione.
E' vero che non puoi spiegare tutto e subito, ma un conto è spiegare la tecnica e un conto è spiegare tutti o uno solo, i principi che stanno dietro quella tecnica.
Nei kata c'è un grosso trabocchetto nei quali tutti, me compreso, cadono. Cercare di far venire il kata e non di esercitare il principio.
Perché si cade nell'errore? Perché il kata va fatto seguendo certe linee, non ci può adattare a ciò che fa uke. L'unico modo per farlo bene è quello di avere un uke che attacca sempre bene, seguendo le linee giuste con le proprie anche e con le linee di forza.
Ci sono vari modi di tirare un pugno oi zuki o men tsuki con diverse posizioni d'anca, per esercitare il principio per bene devo agire secondo come si dispone uke, ma se uke si dispone male (e ciò capita sempre perché si adatta a sua volta automaticamente sapendo quel che gli deve succedere) si è costretti a modificare la linea, ma nel kata non si può fare e si segue la linea corretta e si sbaglia. Non solo, ma non si capisce più niente.
E' lo stesso nel judo soprattutto nel nage no kata, dove la maggior parte delle esecuzioni rispetta le linee, ma non il principio per colpa di uke.
Nel karate c'è il kata a solo, per cui si possono seguire bene le linee. Poi c'è il bunkai che ti fa vedere come funzionano quelle stese linee con gli attacchi (e qui credo s'nnestano gli stessi problemi), poi c'è il kihon che è pressappoco un kata, poi il kumite che è una pratica semilibera.
Nel ju jutsu non esiste il kata a solo e questo ha pro e contro.
Il pro è che s'interagisce con l'altro quindi i principi (se insegnati) possono essere appresi più vicini ad un'applicazione pratica extra palestra.
Il contro è che l'interazione produce anche movimenti non voluti da uke, per ciò che si sta studiando in quel momento e si rischia di non capire più quel che si sta facendo, poi produce tentativi di ottenere risultati da parte di tori che è indotto a cercare di far venire la tecnica in qualche modo comunque sia.
Una pratica senza uke del principio ti fa ritornare sempre al principio base, al quale è chiaro si sommano sempre nuovi principi sempre per il medesimo movimento. L'errore è quello di non testare il movimento, ma se si sta attenti alle sensazioni che il corpo ti trasmette puoi evolverecomunque con meno difficoltà.
In altre parole il movimento da soli e l'applicazione collaborativa diventano un binario dove ciascuna rotaia aiuta l'altra.
Questo è quello che succede nel taiji che per questo mi ha preso.
Per esempio partecipando anni fa ad uno stage di aikido con il maestro Kai, mi ricordo che si svolgevano esercizi a solo (purtroppo senza spiegazione) a riprova che anche nell'aikido (almeno il suo aikido) la pratica a solo era presente.