Il fattore “Q”

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Offline Shurei-Kan

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Re:Il fattore “Q”
« Reply #15 on: October 28, 2011, 15:31:26 pm »
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sicuramente l'interiorizzazione di una tecnica (intesa come apprendimento e sviluppo dell'automatismo), passa attraverso la ripetizione. Ma se si ripete un movimento sbagliato per la maggior parte del tempo a causa dello sfinimento, si interiorizza un movimento sbagliato.

Quote
ogni tanto anche secondo me ci sta spingere al limite dello sfinimento, non tanto per il fisico quanto per la mente, ma dovrebbe essere un episodio sporadico.

Sottoscrivo......

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Offline Clode

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Re:Il fattore “Q”
« Reply #16 on: October 28, 2011, 15:40:11 pm »
0
"
Iommi: sicuramente l'interiorizzazione di una tecnica (intesa come apprendimento e sviluppo dell'automatismo), passa attraverso la ripetizione. Ma se si ripete un movimento sbagliato per la maggior parte del tempo a causa dello sfinimento, si interiorizza un movimento sbagliato.
"

Si ma "sbagliato è "diverso" da quello che vogliamo ottenere alias tutte le volte che eseguiamo un movimento diverso in meccanica e potenza a ciò che vorremmo ottenere stiamo sbagliando.
Lavoro e recupero dovrebbe far parte di qualsiasi pratica atletica...chi nei suoi allenamento non lo contepla evidentemente non sa cosa sta facendo...

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Offline Bingo Bongo

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Re:Il fattore “Q”
« Reply #17 on: October 28, 2011, 16:16:18 pm »
0

Bingo Bongo: ogni tanto anche secondo me ci sta spingere al limite dello sfinimento, non tanto per il fisico quanto per la mente, ma dovrebbe essere un episodio sporadico.
Interessante il discorso sulla didattica per stanchezza, ma mi chiedo se
1) non ci siano metodi migliori per insegnare un movimento corretto rispetto al dremilen ripetizionen...
2) se l'affaticamento non possa anche produrre effetti negativi durante l'esecuzione, tra cui sovraccarico di ginocchia, schiena e simili per compensare la ridotta operatività del muscolo.

Per il resto Biberonin ha anticipato molto di quello che volevo scrivere.

Prendiamo un ragazzo/a che non hai mai fatto sport e si iscrive a un corso di Arti Marziali. Questa persona entra in palestra e per ora non sa neanche di avercelo un corpo. E' solo pensieri. Il corpo è una scatola che porta in giro i pensieri.
Dopo una corsetta di riscaldamento (naturale e a basso impatto per scaldare i novizi) gli faccio fare, per prima cosa, stretching. Primo shock: la persona sente un dolorino fastidioso e si chiede che cacchio sta succedendo...Una sensazione???? Si, quel dolorino è soprattutto una sensazione e il cervello entra in contatto con questa sensazione. E' come se il cervello stesse parlando attraverso i nervi con quella parte del corpo che ha prodotto quella sensazione.  Adesso deve usare la mente per rilassare quella parte del corpo, non deve farsi prendere dal panico, deve stare calma. Riesce ad allungare qualche centimetro in più. Va bene. Sta incominciando a capire che ha un corpo che produce sensazioni. Nessun allenamento da navy seal. Adesso può cominciare a imitare le tecniche con calma e senza traumi. Nessuna fretta perché l'inizio è importante.
1) Qua abbiamo a che f :)are con uno che il corpo ha capito di avercelo e che atleticamente regge già dei buoni ritmi. Anche se sporadicamente questa persona deve crescere sia tecnicamente che psicologicamente (che sia amatore o pro). Mi aspetto che sappia tirare un gancio nelle condizioni migliori. Mi aspetto che lo sappia tirare nelle condizioni peggiori. Non voglio insegnargli la tecnica voglio fargliela capire. Tira male il colpo perché è sfinito? Abbassa il ritmo, rilassa il corpo, senti ogni muscolo che può aiutarti sciogli il baricentro e sentilo vivo. Lascia perdere tutto. Muovi il baricentro e fai seguire il resto. Adesso basta. Non deve svenire, ma deve essere entrato in contatto una sensazione. Diversa, più dura, più faticosa, che lo ha portato al limite,  ma una sensazione come quella del nostro novizio/a all'inizio della sua avventura. E aggiungo che al netto di problemi medici conclamati questo allenamento con le dovute proporzioni non ha limiti di età.
2) si, ma solo se in stato di sfinimento si perde la proporzione e l'equilibrio. Mi spiego: la distruzione delle fibre muscolari non è un problema con un pò di proteine crescono più forti di prima  :).  In stato di sfinimento avrò per esempio il tricipite morto, ma anche il resto del corpo non se la sta passando bene. Ottimo. Non devo rompermi un polso perché non ho più la forza di tenerlo dritto. Allora devo rallentare, ma non fermarmi. Devo capire che rilassando il corpo e muovendo il baricentro posso ancora imprimere velocità e forza al colpo anche se il tricipite è andato. Articolazioni e muscoli sono sicuramente più sollecitati, sotto stress. E' questo il bello. Scoprire quanto ancora può dare il mio corpo senza per questo farmi male (leggi danni alle articolazioni).
Proporzione. Questo è importante. E sensazioni. Stati fisici e mentali da gestire. Io dico di allenare questi stati e queste condizioni.
Poi riposo. E sporadicamente sfinimento.

P.S. Non sono d'accordo sull'interiorizzare un movimento sbagliato. Lo sfinimento aiuta proprio a interiorizzare il movimento corretto.
Questo allenamento non rischia di far apprendere una tecnica errata. Io al 12 round non tiro più dei bei ganci, ma qualcosa che gli assomiglia molto. Ma il primo round li tiro da manuale. Uno impara l'equilibrio per andare in bicicletta, ma non smetterà mai di affinare la pedalata per renderla sempre più rotonda, ma dopo 300km magari un pò stanchino sarà.










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Offline Dipper

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Re:Il fattore “Q”
« Reply #18 on: October 28, 2011, 17:35:31 pm »
+2
Diciamo che l'opinione prevalente è che l'allenamento della tecnica necessiti di un corpo fresco e riposato.
Uno spezzone di un articolo interessante...

Quote
La tecnica va collocata all'inizio dell'allenamento (dopo il riscaldamento) perché essendo uno stimolo a forte impegno neuromuscolare e coordinativo richiede la freschezza del soggetto. Occorre dunque rispettare il principio della corretta successione del carico di allenamento. Dopo la tecnica si allena la forza perché questo aiuta a rafforzare la memoria su come deve essere eseguito il gesto. La tecnica insieme a tutto ciò che comporta un forte stimolo neuromuscolare, se inserita nel microciclo settimanale, si attua dopo il giorno di riposo a meno che essa non sia già stata appresa, in tal caso può essere allenata in condizioni di stanchezza.
http://www.my-personaltrainer.it/teoria_e_metodologia_dell'allenamento2.htm
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Offline Takuanzen

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Re:Il fattore “Q”
« Reply #19 on: October 28, 2011, 18:11:25 pm »
0
“Q” sta per quantità, ovviamente :om:

Di recente, un po’ qui e un po’ di là, ho notato che spesso viene fuori il discorso su quanto viene fatta una certa cosa come metro di giudizio.

I pugili in proporzione si allenano ai pugni più dei nak muay quindi i loro pugni sono migliori.
Chi ha la fortuna di allenarsi tutti i giorni è certamente più in alto di chi si allena tot volte a settimana.
... e così via...

Sebbene è innegabile che Q sia un fattore influente soprattutto in difetto, nel senso che non si può scendere sotto una certa soglia per allenarsi bene, mi viene da pensare che sia di frequente sovradimensionato.

Ad esempio, dovendo perdere peso, mi ero messo a correre un giorno sì e uno no per un’ora, lungo lento, senza grossi risultati, e anzi nonostante macinassi km andavo peggiorando. Ora, seguendo i consigli di un amico, allenandomi per massimo 30 minuti 2 o 3 volte a settimana ho ottenuto risultati decisamente non paragonabili.

Anche il mio sensei, anni addietro, parlò al dojo dicendo che in precedenza anche lui era convinto che più è meglio è, ma che con gli anni si era accorto che certi concetti, certe finezze, necessitano comunque di un processo di elaborazione che non può essere accelerato semplicemente aumentando la frequenza degli allenamenti.
Non è affatto detto che 300 ore di allenamento all’anno diano lo stesso risultato di 150 all’anno per due anni.

Per quanto ne so, dovrebbe essere assodato che il riposo è un momento fondamentale per il miglioramento delle performance (anzi è il momento in cui le performance migliorano in risposta allo stimolo dato durante l'allenamento), e che 4 giorni ben programmati a settimana sono infinitamente più produttivi di 7 giorni alla morte, magari con una sessione dello stesso esercizio allo sfinimento ripetuto più giorni consecutivi.

Non parliamo poi in generale dell'usanza antica di far ripetere tipo 300 volte la stessa tecnica allo stremo, senza contare che magari dopo 50 si perde la forma e di conseguenza per l'85% dell'esercizio si insegna al corpo un modo sbagliato di portare il colpo, per allenare una resistenza che potrebbe essere allenata in modi molti più produttivi (questo è un concetto spiegato molto bene nel libro consigliatomi da zio Spartan), ad esempio portare la tecnica il massimo numero di volte che si riesce con un compagno che sta attento che non si perda la forma. Dopo che si è persa la forma definitivamente, l'esercizio finisce.

Secondo ma a volte nonostante questo sia un concetto apparentemente condiviso, è chiaro che si sottovaluta troppo spesso il fatto che “l’altra Q”, qualità, soccombe troppo facilmente alla “Q”.
Naturale che entrambe le Q insieme sono meglio, ma bisogna anche riflettere che mentre troppa quantità può addirittura essere controproducente, la qualità migliora indefinitamente con riflessi sempre positivi, e che quindi meriterebbe più attenzione.

Senza contare che ci possono anche essere altre condizioni, tra cui anche il talento, l'intelligenza, la capacità di metabolizzare, di immaginare, di produrre...

Ma sono solo pensieri miei… non dogmi. Mi interessava sapere che ne pensate al riguardo.
Qualità e quantità non sono sempre direttamente legati.
Ad es. in certi momenti aumentare la quantità -superare un certo limite- può servire sia a livello psicologico che fisico.
Tuttavia alla lunga può stremare e rovinare decisamente la qualità dell'esercizio. Un esperto non avrà bisogno dello stesso tempo per raggiungere quello stato di efficienza psicofisica.
In generale, prediligere la qualità rispetto alla quantità porta ad un buon miglioramento delle prestazioni senza traumi o ripercussioni successive. Collegato alla qualità per me vi è soprattutto un continuo lavoro di tipo priopercettivo, di ascolto del proprio corpo e delle sensazioni che si provano durante l'esercizio. Spesso prediligere le grandi ripetizioni porta ad una concezione meccanica dell'allenamento, che inibisce la sensibilità dell'esecutore.
Importante è poi la varietà dell'allenamento: io mi alleno tutti i giorni, ma con carichi molto differenti in quanto ad intensità.
"Varietà è saggezza" anche nell'allenamento: mi ricordo un articolo di Ross Enamait, che parlava di questo...
In ultimo conta anche l'età: un giovane ha bisogno di molte ripetizioni e di un allenamento intenso e impegnativo, una persona più avanti con l'età non potrà eseguire pedissequamente lo stesso allenamento: darà importanza ad altri aspetti e il fattore "Qualità" diventerà sempre più fondamentale se vorrà aumentare il livello della sua pratica marziale. Anche in quel caso l'allenamento non può mai essere sempre uguale. ;)
« Last Edit: October 28, 2011, 18:14:40 pm by TakuanZen, Maestro di Giustizia »


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Offline Bingo Bongo

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Re:Il fattore “Q”
« Reply #20 on: October 28, 2011, 18:20:48 pm »
0
Diciamo che l'opinione prevalente è che l'allenamento della tecnica necessiti di un corpo fresco e riposato.
Uno spezzone di un articolo interessante...

Quote
La tecnica va collocata all'inizio dell'allenamento (dopo il riscaldamento) perché essendo uno stimolo a forte impegno neuromuscolare e coordinativo richiede la freschezza del soggetto. Occorre dunque rispettare il principio della corretta successione del carico di allenamento. Dopo la tecnica si allena la forza perché questo aiuta a rafforzare la memoria su come deve essere eseguito il gesto. La tecnica insieme a tutto ciò che comporta un forte stimolo neuromuscolare, se inserita nel microciclo settimanale, si attua dopo il giorno di riposo a meno che essa non sia già stata appresa, in tal caso può essere allenata in condizioni di stanchezza.
http://www.my-personaltrainer.it/teoria_e_metodologia_dell'allenamento2.htm

Sono d'accordo, anche se il sito a cui fai riferimento è molto body building oriented, su questo modo di allenare.
Naturalmente ho capito che l'articolo è sulle metodologie di allenamento non riferite necessariamente al BB.
In un programma generale può essere un ottimo compromesso.
Io però non intendo l'affaticamento e lo sfinimento per raggiungere un altro obiettivo che sia questo la qualità tecnica o semplicemente la resistenza (non alleno la resistenza con sessioni a sfinimento).
Io intendo sessioni di sfinimento con l'obiettivo dello sfinimento. E' quella la sensazione che mi interessa.
Non mi interessa raggiungere un altro obiettivo.
Potrei sfinire facendo fare 100 flessioni, corsa con un compagno sulle spalle e poi sacco o sparring. Tenendo conto che questo può sfinire un amatore non un pro. Quindi sempre in rapporto al praticante.
Sul fatto che "La tecnica va collocata all'inizio dell'allenamento" non ho nulla da obiettare. Se l'obiettivo è averli al massimo delle condizioni psico fisiche di coordinazione e riflessi va benissimo. Ma questo è un altro obiettivo.
La domanda iniziale è se la quantità può avere senso. Per me si, ma dipende dall'obiettivo. Quindi ho parlato di sfinimento.
C'è differenza fra affaticamento (quindi riposo), sovrallenamento (quindi riposo) e sfinimento.
Mi puoi dire: "A me sfinire non interessa, non lo considero un obiettivo" e lo capisco e lo accetto.
Ma se il mio obiettivo è lo sfinimento non posso basarmi su generiche metodologie di allenamento per discernere se è corretto oppure no. Perché è sicuramente corretto.  :)
Detto questo spesso ho fatto riferimento a www.my-personaltrainer.it che trovo essere un ottimo sito ricco di spunti e suggerimenti.

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Offline Dipper

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Re:Il fattore “Q”
« Reply #21 on: October 28, 2011, 19:10:49 pm »
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Sì, ti posso confermare che la corretta successione dei carichi è una regola ormai consolidata e dimostrata, ma comunque vedo che lo sai benissimo pure tu.

Detto questo, sul resto posso essere d'accordo.
E' necessario in allenamento arrivare allo sfinimento per non trovarsi disorientati nel caso che la situazione capitasse, per essere preparati e conoscere come ci si sente e quanto ci vuole per andare avanti.
Però l'importante è che questo allenamento abbia il giusto dimensionamento, come dicevamo, e si ritorna ancora al fattore Q, e che soprattutto si sappia qual è lo scopo e quali benefici può portare.
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Offline Dipper

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Re:Il fattore “Q”
« Reply #22 on: October 28, 2011, 21:04:13 pm »
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Qualità e quantità non sono sempre direttamente legati.
Ad es. in certi momenti aumentare la quantità -superare un certo limite- può servire sia a livello psicologico che fisico.
Tuttavia alla lunga può stremare e rovinare decisamente la qualità dell'esercizio. Un esperto non avrà bisogno dello stesso tempo per raggiungere quello stato di efficienza psicofisica.
In generale, prediligere la qualità rispetto alla quantità porta ad un buon miglioramento delle prestazioni senza traumi o ripercussioni successive. Collegato alla qualità per me vi è soprattutto un continuo lavoro di tipo priopercettivo, di ascolto del proprio corpo e delle sensazioni che si provano durante l'esercizio. Spesso prediligere le grandi ripetizioni porta ad una concezione meccanica dell'allenamento, che inibisce la sensibilità dell'esecutore.
Importante è poi la varietà dell'allenamento: io mi alleno tutti i giorni, ma con carichi molto differenti in quanto ad intensità.
"Varietà è saggezza" anche nell'allenamento: mi ricordo un articolo di Ross Enamait, che parlava di questo...
In ultimo conta anche l'età: un giovane ha bisogno di molte ripetizioni e di un allenamento intenso e impegnativo, una persona più avanti con l'età non potrà eseguire pedissequamente lo stesso allenamento: darà importanza ad altri aspetti e il fattore "Qualità" diventerà sempre più fondamentale se vorrà aumentare il livello della sua pratica marziale. Anche in quel caso l'allenamento non può mai essere sempre uguale. ;)
Bel post, mi era sfuggito. Ma attenzione alla parte evidenziata... l'età è solo uno dei fattori!
Struttura e condizioni psicofisiche, situazione, finalità dell'allenamento e tante altre cose incidono moltissimo sulla ripetizione.
Soprattutto in giovine età poi, quando il corpo si sta ancora formando più che mai è indispensabile l'altra Q ;)
« Last Edit: October 28, 2011, 21:08:36 pm by Ryujin »
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Offline Bingo Bongo

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Re:Il fattore “Q”
« Reply #23 on: October 28, 2011, 22:46:35 pm »
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Sì, ti posso confermare che la corretta successione dei carichi è una regola ormai consolidata e dimostrata, ma comunque vedo che lo sai benissimo pure tu.

Detto questo, sul resto posso essere d'accordo.
E' necessario in allenamento arrivare allo sfinimento per non trovarsi disorientati nel caso che la situazione capitasse, per essere preparati e conoscere come ci si sente e quanto ci vuole per andare avanti.
Però l'importante è che questo allenamento abbia il giusto dimensionamento, come dicevamo, e si ritorna ancora al fattore Q, e che soprattutto si sappia qual è lo scopo e quali benefici può portare.
Perfetto. Sono d'accordo. La Qualità è fare bene per lo scopo che si vuole raggiungere in rapporto ai benefici che si vuole attenere. Quindi possiamo dire che la Qualità è il risultato di un rapporto e non solo di un metodo. La Qualità è il risultato di Uke e Tori (così faccio contento qualche praticante di Aikido)  :)


Qualità e quantità non sono sempre direttamente legati.
Ad es. in certi momenti aumentare la quantità -superare un certo limite- può servire sia a livello psicologico che fisico.
Tuttavia alla lunga può stremare e rovinare decisamente la qualità dell'esercizio. Un esperto non avrà bisogno dello stesso tempo per raggiungere quello stato di efficienza psicofisica.
In generale, prediligere la qualità rispetto alla quantità porta ad un buon miglioramento delle prestazioni senza traumi o ripercussioni successive. Collegato alla qualità per me vi è soprattutto un continuo lavoro di tipo priopercettivo, di ascolto del proprio corpo e delle sensazioni che si provano durante l'esercizio. Spesso prediligere le grandi ripetizioni porta ad una concezione meccanica dell'allenamento, che inibisce la sensibilità dell'esecutore.
Importante è poi la varietà dell'allenamento: io mi alleno tutti i giorni, ma con carichi molto differenti in quanto ad intensità.
"Varietà è saggezza" anche nell'allenamento: mi ricordo un articolo di Ross Enamait, che parlava di questo...
In ultimo conta anche l'età: un giovane ha bisogno di molte ripetizioni e di un allenamento intenso e impegnativo, una persona più avanti con l'età non potrà eseguire pedissequamente lo stesso allenamento: darà importanza ad altri aspetti e il fattore "Qualità" diventerà sempre più fondamentale se vorrà aumentare il livello della sua pratica marziale. Anche in quel caso l'allenamento non può mai essere sempre uguale. ;)
Bel post, mi era sfuggito. Ma attenzione alla parte evidenziata... l'età è solo uno dei fattori!
Struttura e condizioni psicofisiche, situazione, finalità dell'allenamento e tante altre cose incidono moltissimo sulla ripetizione.
Soprattutto in giovine età poi, quando il corpo si sta ancora formando più che mai è indispensabile l'altra Q ;)

Approvo. Aggiungo solo che in giovane età, per me, la prima Qualità è il far saper comprendere a un nuovo atleta senza nessuna esperienza sportiva che ha un corpo.
La mia esperienza mi dice che non bisogna darlo per scontato. Si può insegnare una proiezione di akido  o un calcio thai a un novizio. Qualcuno fa così. Inizia così.
Io inizio facendoti capire che il corpo da sensazioni. Che i movimenti danno sensazioni. Che le posture danno sensazioni. Il cervello con la sensazione può comunicare.
La sensazione (vogliamo dire anche "emozione") è Arte Marziale. E' energia interna.




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Offline Hung-gio

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Re:Il fattore “Q”
« Reply #24 on: October 28, 2011, 23:07:44 pm »
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Mi sembra che siamo tutti d'accordo sul fatTo che l'allievo novizio non possa allenarsi troppo e soprattutto da solo.  :)


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Offline Bingo Bongo

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Re:Il fattore “Q”
« Reply #25 on: October 28, 2011, 23:46:19 pm »
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Mi sembra che siamo tutti d'accordo sul fatTo che l'allievo novizio non possa allenarsi troppo e soprattutto da solo.  :)

Diciamo che è oggi il novizio può avere la fortuna di non allenarsi da solo e di non allenarsi troppo. Cioé oggi non ho bisogno di morire mangiando l'amanita muscaria invece di un porcino, ma qualcuno, prima di me, è schiattato sicuramente.
Così come i fondatori da novizi e senza maestri hanno dovuto apprendere dalla natura, imitarla. Sia questa natura la scimmia, la mantide o la tigre sia il mare o il vento. Hanno osservato e hanno avuto un'intuizione come la ebbe Newton quando gli cadde la mela in testa. Sia i maestri che Newton hanno "cercato" perché avevano un bisogno da soddisfare.
Oggi tutto va più veloce. Anche le Arti Marziali. Se oggi chiedessimo a due novizi (senza esperienza reale) di combattere lo farebbero avendo in testa quello che hanno visto nei film o negli incontri trasmessi in televisione, nei cartoni animati, letto nei libri o visto dagli amici.
Io dico che ogni tanto sarebbe utile per maestri e allievi cercare ancora quell'intuizione. Sentire ancora quel bisogno. Volgere lo sguardo alla natura.

Voglio aggiungere una cosa slegata dal commento sopra e riferita alle sensazioni e al cervello (leggi mente e pensiero). Per spiegare questo rapporto faccio un esempio che sarà di facile comprensione soprattutto ai maschi (mi scuso anticipatamente con le donne) e mi scuso con tutti perché sarò esplicito.
Se pensiamo a una donna nuda che ci piace, che ci eccita,  non sarà necessario che questa sia fisicamente davanti a noi, in quelle condizioni che stiamo immaginando, perché questo abbia un effetto palese sul nostro corpo.
Questo è straordinario. Niente chimica fra me e questa donna. Niente odori. Niente tatto o vista, non è reale. Non esiste.
Il mio corpo si eccita solo grazie a quello che penso. E il mio corpo, questo si che è reale, ne subisce gli effetti e si modifica.
Il sesso, non è una novità, è una componente molto potente ed è quindi naturale. Lo diamo per scontato. Però questo ci insegna una cosa fondamentale. Posso cambiare il corpo profondamente grazie alla mente.
Questo va insegnato nelle Arti Marziali. Non vogliamo farlo con il sesso, ma dicendo di immaginare di spremere un limone sulla lingua immaginandone l'acidità e chiedendo poi se la salivazione è aumentata?
Facciamolo. Questa non è farina del mio sacco. E' storia delle Arti Marziali.


P.S. L'ho già detto in altro topic, ma lo ribadisco qua: io sono assolutamente convinto di quello che scrivo, ma non lo faccio perché penso di insegnare qualcosa. Lo faccio per imparare. Per stimolare altri Artisti Marziali a "combattere" con le loro idee le mie idee. Anche così si cresce. Quindi se uno pensa che Ueshiba non capiva niente di AM e lo motiva è per me uno che va accolto a braccia aperte (per poi stringerle fortissime intorno al collo  :) ). Scherzo. Si deve dire quello per cui si crede. Come faccio io. E non ho rimorsi e non penso male di nessuno né di è d'accordo né di chi è in disaccordo.  :)





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Offline DJ scanner

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Re:Il fattore “Q”
« Reply #26 on: October 28, 2011, 23:59:41 pm »
0
Così come i fondatori da novizi e senza maestri hanno dovuto apprendere dalla natura, imitarla. Sia questa natura la scimmia, la mantide o la tigre sia il mare o il vento. Hanno osservato e hanno avuto un'intuizione come la ebbe Newton quando gli cadde la mela in testa. Sia i maestri che Newton hanno "cercato" perché avevano un bisogno da soddisfare.
Io dico che ogni tanto sarebbe utile per maestri e allievi cercare ancora quell'intuizione. Sentire ancora quel bisogno. Volgere lo sguardo alla natura.


mi hai fatto emozionare :ohi: ti quoto :)
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Offline Takuanzen

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Re:Il fattore “Q”
« Reply #27 on: October 29, 2011, 10:38:30 am »
+1
Qualità e quantità non sono sempre direttamente legati.
Ad es. in certi momenti aumentare la quantità -superare un certo limite- può servire sia a livello psicologico che fisico.
Tuttavia alla lunga può stremare e rovinare decisamente la qualità dell'esercizio. Un esperto non avrà bisogno dello stesso tempo per raggiungere quello stato di efficienza psicofisica.
In generale, prediligere la qualità rispetto alla quantità porta ad un buon miglioramento delle prestazioni senza traumi o ripercussioni successive. Collegato alla qualità per me vi è soprattutto un continuo lavoro di tipo priopercettivo, di ascolto del proprio corpo e delle sensazioni che si provano durante l'esercizio. Spesso prediligere le grandi ripetizioni porta ad una concezione meccanica dell'allenamento, che inibisce la sensibilità dell'esecutore.
Importante è poi la varietà dell'allenamento: io mi alleno tutti i giorni, ma con carichi molto differenti in quanto ad intensità.
"Varietà è saggezza" anche nell'allenamento: mi ricordo un articolo di Ross Enamait, che parlava di questo...
In ultimo conta anche l'età: un giovane ha bisogno di molte ripetizioni e di un allenamento intenso e impegnativo, una persona più avanti con l'età non potrà eseguire pedissequamente lo stesso allenamento: darà importanza ad altri aspetti e il fattore "Qualità" diventerà sempre più fondamentale se vorrà aumentare il livello della sua pratica marziale. Anche in quel caso l'allenamento non può mai essere sempre uguale. ;)
Bel post, mi era sfuggito. Ma attenzione alla parte evidenziata... l'età è solo uno dei fattori!
Struttura e condizioni psicofisiche, situazione, finalità dell'allenamento e tante altre cose incidono moltissimo sulla ripetizione.
Soprattutto in giovine età poi, quando il corpo si sta ancora formando più che mai è indispensabile l'altra Q ;)

Completamente d'accordo, mai basarsi su un unico fattore.
Il giovane ha bisogno di "mangiare amaro" e di rinforzare il corpo, oltre che interiorizzare gli schemi motori attraverso ripetizioni di calci e pugni, sia a vuoto che con colpitori o compagni. Questo lo dicono anche i maestri cinesi: ieri sera tra l'altro mi sono sparato un tabata di burpees che... :-X
Senza dedicarmi alle masturbazioni mentali dei miei colleghi "internati", penso che quando i miei capelli saranno tutti bigi - se ci sarò ancora naturalmente - il mio modello di Budo sarà lui:

Mochida Moriji 10. Dan ~ 剣道の名人 - 持田盛二 (十段)

 :spruzz: :)

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Offline Dipper

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Re:Il fattore “Q”
« Reply #28 on: October 29, 2011, 11:01:49 am »
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Senza dedicarmi alle masturbazioni mentali dei miei colleghi "internati"
Colleghi internati ;D ;D ;D ;D
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Offline Bingo Bongo

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Re:Il fattore “Q”
« Reply #29 on: October 30, 2011, 19:12:56 pm »
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Vorrei aggiungere ancora una cosa sulle 2 Q.
Come già detto in altro topic preferisco mangiare poco di tutto che abbuffarmi di una sola cosa.
Ricordo quando facevo full contact che in un combattimento il mio avversario stava per tirarmi un diretto destro.
Poco prima che partisse il colpo ho incominciato a portare il peso sulla gamba destra (posteriore) piegando la gamba e la schiena all'indietro, facendo scivolare il piede sinistro in avanti e all'esterno. Il braccio destro è andato naturalmente a proteggere la linea centrale salendo verso il mento come per bere. Il braccio sinistro in avanti. L'ho fatto velocemente, ma senza esagerare lo spostamento. Avete presenta la prima forma dell'Ubriaco? La stavo applicando. Nel fare questo movimento ho confuso il senso che aveva della mia distanza e invece di tirare un pugno è avanzato. Bene io non ho fatto una piega e con la gamba avanzata completamente scarica del peso gli ho tirato un calcio di collo pieno sulla tempia.
Non credo abbia mai capito cosa gli sia successo.
Quella sera io invece ho capito quanto colui che ha fondato lo stile dell'Ubriaco sapesse di combattimento. Ho pensato: quello era un genio. Non sapevo come avrebbe reagito il mio avversario a quella finta, ma il fondatore evidentemente lo sapeva bene. E ha funzionato.
Quello che voglio dire che la qualità a volte sta proprio nel non fare quello che tutti si aspettano.