Hmm...forse è colpa mia che do per scontati certi parallelismi.
Vediamo se così è meglio compreso (mi sarei aspettato molti commenti, visto che quando questo argomento viene fuori, sono sempre fiumi di carta):
estrapolo dall'intervista, in particolare, questo passaggio:
Talento, allenamento, testa, geni... quanto contano questi fattori nell'arrampicata di alto livello?
Il motivo per cui la scalata di punta, il vertice della piramide, si è staccato in maniera enorme rispetto anche solo a 10 anni fa, sono i geni: si pesca dentro un campione di un milione di praticanti. Ho molte probabilità di trovare dei mutanti. Il motivo per cui la media, invece, è visibilmente peggiorata è che si allena male, perché non segue il principio base dell'allenamento, il principio di specificità: "allenati per la maggior parte del tempo in maniera il più possibile simile a quello che dovrai fare in prestazione."
Spiegati meglio.
La massa si allena per il 90 per cento fuori dal campo, in situazione diversa da quella reale. Per questo motivo è venuta fuori una intera generazione di resinari forzuti ma fifoni, pieni di ansia da prestazione ( il fatto di tenersi tanto in palestra li stressa di più outdoor) e con poca tecnica. Quasi tutti quelli che fanno i gradi incredibili, oggi, si allenano soprattutto scalando fuori. Sono loro, oggi, che seguono il principio di specificità, come facevamo gli scalatori fricchettoni negli anni ottanta (che erano infatti tutti bravi a scalare). Attenzione: le sale indoor non sono una cosa negativa. Anzi, danno la possibilità a tutti di fare una attività completa, divertente, sana e vicino casa. Solo che non è quella la vera scalata.
Queste importanti considerazioni possono essere equiparate, nella pratica marziale, alle disquisizioni riguardanti l'applicazione in contesti non collaborativi della propria arte, dallo sparring a pieno contatto al match, a una simulazione in DP.
Lamberti in pratica sta dicendo che dopo decenni di sperimentazione e analisi di casi reali, il risultato è stato di vedere gente che a furia di decontestualizzare la propria disciplina, quando andava bene ha migliorato solo la prestazione nel contesto in cui si è specializzato, nel peggiore non ha migliorato neppure quella, ma in entrambi i casi è stata peggiorata la prestazione nel contesto in cui dovrebbe svolgersi.
In particolare, nell'arrampicata, estremizzando il lavoro a secco, la preparazione atletica aspecifica, e annullando la pratica in ambiente (vale a dire andando in montagna a scalare), si è perso il lavoro sia mentale sia quello fisico specifico.
Il parallelismo con le arti marziali fatelo voi, ma è abbastanza automatico.
Nel passaggio successivo dell'intervista, essendoci ancora meno termini specifici della scalata, il parallelismo è più facile:
Questo va un po' contro i tuoi interessi. Da anni gestisci una palestra, hai anche sviluppato un metodo di allenamento molto specifico.
Ho sviluppato un sistema per allenare la forza e la resistenza che funziona, che fa aumentare la forza e la resistenza. Ma questo non si tramuta necessariamente in miglioramento sul campo. Aumentano sono solo i valori a secco. Quindi in parte è stato un fallimento, perché l'aumento dei valori a secco si tramutava in risultato solo per quei pochi che già scalavano bene e con una notevole maestria sulla roccia vera. Quindi la mia frustrazione da allenatore mi impose di cercare di sperimentare altre strade. Ho visto che il problema era il rendimento. Rendimento inteso in senso letterale, cioè come rapporto tra potenzialità e risultato effettivamente conseguito. Molto semplicemente, ha un basso rendimento chi fa un 7c, ma ha dei livelli di forza e resistenza per fare un 8c, mentre ha un alto rendimento chi fa un 6c ma sfrutta al 100 % le proprie potenzialità. Aumentando il rendimento, si aprono nuove possibilità di miglioramento, sia per i giovani che per i vecchi. Riuscire ad andare veramente al 100%, è il vero obiettivo da perseguire.
Chiaro. Ma come?
Ci vuole un cambiamento di prospettiva. Prima partivo dai livelli di forza e resistenza per cercare poi di far aumentare il risultato. Oggi analizzo il risultato, cerco di capire se è consono con i livelli di forza e resistenza, quindi cerco di individuare ed eliminare il più possibile i freni. Se il rendimento è basso bisogna eliminare i freni. Anche se il grado è alto. Ripeto, rendimento non vuol dire risultato. E' inutile aumentare a dismisura la potenza di una macchina se questa è frenata. Si arriva ad un plafond oltre il quale non si può più pompare energia. Se non si aumenta il rendimento si arriva presto ad una soglia (grado conseguito) che non si riesce più a superare anche se ci si allena tanto e per tanto tempo. E questo è quello che accade alla maggior parte degli scalatori medi: arrivano ad un certo livello, e lì stazionano per sempre, indipendentemente dall'allenamento. Ho smesso di sperimentare allenamenti di forza, e mi sto dedicando allo studio di metodologie per migliorare la fluidità, velocità, sfruttamento dei riposi, memorizzazione veloce delle sequenze, respirazione, paura di cadere e in generale le componenti mentali emozionali. Quella capacità di andare "alla muerte" fino all'ultima presa senza mollare.