La risposta mi convince in parte, e ti spiego perché.
Stiamo facendo due discorsi leggermente diversi. Tu guardi al fattore soggettivo, a se cioè il singolo individuo è coerente nell'agire col proprio credo. Io invece sto riflettendo sul fattore oggettivo, ovverosia: la religione, in sé, giustifica tale condotta, e se sì perché?
Chiedo venia, allora non avevo ben capito io.
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Esempio. Nell'Antico Testamento, c'è scritto di non uccidere. Tuttavia, Sant'Agostino a un certo punto scrisse pressappoco che se è Dio a ordinartelo, l'omicidio non è più peccato ma virtù. Il che agli occhi dei cattolici di oggi potrà sembrare assolutamente sbagliato, ma all'epoca era un concetto bene assorbito da chi uccideva (si pensi solo alle Crociate, senza andare a scomodare giudizi morali dati a posteriori).
Beh oggi stati cattolicissimi bombardano a destra e a manca sottintendendo che agiscono per mandato divino, quindi direi che è cambiato poco.
Citazione
E qui si ritorna alle arti marziali. Nell'artista marziale che, pur essendo, poniamo, buddhista, uccide, conta solo il fattore soggettivo? O c'è invece un fattore oggettivo, una giustificazione "dall'alto", di cui sono all'oscuro?
Il primo dei Cinque Precetti del Buddha prescrive di non togliere la vita ad alcun essere vivente (compresi se stessi). Non ricordo dove avevo letto che alcuni tipi di omicidio (quello per autodifesa, quello accidentale e mi pare ce ne fosse un altro, forse quello dettato da un raptus di follia), pur essendo da condannare, erano considerati meno gravi. Ma onestamente non sono così edotto per risponderti in maniera certa e quindi passo la parola a chi ne sa più di me.
whed ha scritto: Se ti riferisci al comandamento biblico, mi spiace informarti che (probabilmente) sei vittima, come MILIONI di altre persone di un GROSSO MALINTESO.
Anche io non ci capivo una mazza in questa oscura questione dell' uccidere/non uccidere secondo la religione giudaico cristiana.
Ma POI venni a contatto con i testi del Ten. Col. Dave Grossman, e tutto fu luce!
Molto in breve: per Grossman, tradurre il comandamento originale (in ebraico) con "non uccidere/thou shall not kill" è IMPROPRIO, in quanto il verbo usato nell'originale indica non il generico omicidio, ma il toglierte la vita PER INTERESSE O VANTAGGIO PERSONALE.
Dunque, (es.) il soldato di fede ebraica o cristiana che uccide in battaglia (quindi per ragioni e motivi a lui superiori) NON commette peccato.
Purtroppo di Grossman non ho letto ancora nulla e non conoscevo questa teoria, comunque per gli ebrei il comandamento letteralmente è "non assassinare" (che è diverso da "non uccidere", ovviamente). O almeno così so io.
Citazione
Sulla sacralità della vita: forse ci siamo fatti troppo influenzare dai pistolotti dei papi recenti in materia di procreazione e concepimento. Ricordiamoci che per un VERO cristiano, la VERA vita è quella DOPO di questa. Che poi al giorno d'oggi i veri cristiani scarseggino alquanto (la maggior parte sono "social christians") è una cosa che mi sembra sotto gli occhi di tutti. E, aggiungo, forse improprio supporre che le cose fossero diverse secoli addietro.
« Ultima modifica: Settembre 28, 2011, 16:41:47 da Krypteia »
« Risposta #16 inserita:: Settembre 28, 2011, 16:22:40 »
La via del guerriero si concilia col Buddhismo con due principi: fare il proprio dovere ( meglio: fare ciò che va fatto) ed il principio del non attaccamento. In pratica il guerriero ( sto parlando di un essere leggendario ipotetico) difende il proprio villaggio prendendo sopra di sè il karma negativo che deriva dalle sue azioni. Si spera che, poichè il fine era giusto, il karma non sia troppo severo. E' per quello che gli anziani guerrieri spesso si ritiravano in un monastero.
NO, io non sono ancora COSI' anziano
« Ultima modifica: Settembre 28, 2011, 17:43:30 da okamiyama »
whed ha scritto: Se ti riferisci al comandamento biblico, mi spiace informarti che (probabilmente) sei vittima, come MILIONI di altre persone di un GROSSO MALINTESO.
Anche io non ci capivo una mazza in questa oscura questione dell' uccidere/non uccidere secondo la religione giudaico cristiana.
Ma POI venni a contatto con i testi del Ten. Col. Dave Grossman, e tutto fu luce!
Molto in breve: per Grossman, tradurre il comandamento originale (in ebraico) con "non uccidere/thou shall not kill" è IMPROPRIO, in quanto il verbo usato nell'originale indica non il generico omicidio, ma il toglierte la vita PER INTERESSE O VANTAGGIO PERSONALE.
Dunque, (es.) il soldato di fede ebraica o cristiana che uccide in battaglia (quindi per ragioni e motivi a lui superiori) NON commette peccato.
A dirla tutta, andando a memoria mi pare che per "non uccidere" si intendesse più propriamente il non uccidere un membro del tuo stesso popolo, tant'è vero che in altre parti del testo (l'Esodo in questo caso) si dà per scontato che si possano uccidere gli infedeli, gli stranieri, ecc. Ma sto andando veramente a braccio, ed il discorso sarebbe molto più lungo, perché bisognerebbe richiamare anche i testi talmudici e Yahwe sa solo cos'altro. Ma si parlava di cristianesimo, non di ebraismo.
La via del guerriero si concilia col Bubbhismo con due principi: fare il proprio dovere ( meglio: fare ciò che va fatto) ed il principio del non attaccamento. In pratica il guerriero ( sto parlando di un essere leggendario ipotetico) difende il proprio villaggio prendendo sopra di sè il kara negativo che deriva dalle sue azioni. Si spera che, poichè il fine era giusto, il karma non sia troppo severo. E' per quello che gli anziani guerrieri spesso si ritiravano in un monastero.
La via del guerriero si concilia col Buddhismo con due principi: fare il proprio dovere ( meglio: fare ciò che va fatto) ed il principio del non attaccamento. In pratica il guerriero ( sto parlando di un essere leggendario ipotetico) difende il proprio villaggio prendendo sopra di sè il karma negativo che deriva dalle sue azioni. Si spera che, poichè il fine era giusto, il karma non sia troppo severo. E' per quello che gli anziani guerrieri spesso si ritiravano in un monastero.
NO, io non sono ancora COSI' anziano
una bella spiegazione ma purtroppo sa troppo di luogo comune diffuso dall-etica (fasulla e artefatta) nipponica post tokugawa, secondo me. certo, quel che descrive benissimo okamiyama è l'ideale. il discorso è però un pelino più complesso, se gli studi che compiamo accademicamente sono corretti. mi spiego: il famoso distacco zen, che per il samurai (sempre idealmente) si traduceva in non paura della morte (dato che sono distaccato, non temo la morte), è stato esaltato solo dopo la "pax tokugawa". in precedenza il samurai di nobile aveva ben poco, nell'animo. al tempo stesso sarebbe interessante confrontare la morale nipponica con quella (pragmatica, confuciana, ma anche filosofica e dottrinalmente volta a una differente forma di distacco) di matrice cinese. curiosamente i monaci guerrieri erano anche in cina. un po' diversa la situazione coreana, ma fino a un certo punto. certo è che fu l'influsso cinese a motivare anche altrove l'esistenza di monasteri "marziali".
purtroppo la spiegazione resta quella che ho dato prima. e del resto la storia della chiesa cattolica insegna che nel nome di un giusto principio si può fare il contrario di quel principio, e rimanere con l'anima in pace. idem per molte altre storie di altre religioni. d'altro canto è cosa nota (leggetevi ihara saikaku per dirne uno) che l'omosessualità era normale anche tra i buddisti. eppure essa sarebbe pratica da condannare, in quanto ricerca di piacere...
una bella spiegazione ma purtroppo sa troppo di luogo comune diffuso dall-etica (fasulla e artefatta) nipponica post tokugawa, secondo me. certo, quel che descrive benissimo okamiyama è l'ideale. il discorso è però un pelino più complesso, se gli studi che compiamo accademicamente sono corretti. mi spiego: il famoso distacco zen, che per il samurai (sempre idealmente) si traduceva in non paura della morte (dato che sono distaccato, non temo la morte), è stato esaltato solo dopo la "pax tokugawa". in precedenza il samurai di nobile aveva ben poco, nell'animo. al tempo stesso sarebbe interessante confrontare la morale nipponica con quella (pragmatica, confuciana, ma anche filosofica e dottrinalmente volta a una differente forma di distacco) di matrice cinese. curiosamente i monaci guerrieri erano anche in cina. un po' diversa la situazione coreana, ma fino a un certo punto. certo è che fu l'influsso cinese a motivare anche altrove l'esistenza di monasteri "marziali".
purtroppo la spiegazione resta quella che ho dato prima. e del resto la storia della chiesa cattolica insegna che nel nome di un giusto principio si può fare il contrario di quel principio, e rimanere con l'anima in pace. idem per molte altre storie di altre religioni. d'altro canto è cosa nota (leggetevi ihara saikaku per dirne uno) che l'omosessualità era normale anche tra i buddisti. eppure essa sarebbe pratica da condannare, in quanto ricerca di piacere...
L'etica da me esposta è in realtà di derivazione precedente a quella Buddhista, e viene dai Veda ( non dall'epoca Tokugawa). E' comunque stata adottata dall'ideologia Buddhista ( dopotutto Gautama Buddha era uno Ksatriya).
Le deviazioni dalla retta via non inficiano la retta via, ma solo coloro che deviano
« Risposta #21 inserita:: Settembre 29, 2011, 20:49:30 »
la risposta è già nella tua domanda, anzi è proprio nella prima riga:
Il buddhismo (prendo come riferimento, per comodità e semplicità, quello tibetano)
se fai discorsi per comodita otterrai risposte comode, il buddhismo ha moltissime scuole e intepretazioni che conducono e hanno condotto a risultati differenti, come tutte le religioni con lo studio puoi capire causa ed effetti...
« Risposta #22 inserita:: Settembre 29, 2011, 21:31:29 »
conanramon,
ho preso "per comodità" quello tibetano perché, oltre ad essere quello che conosco meglio (= meno peggio) è probabilmente anche quello più conosciuto e, per così dire, "autorevole".
Se poi esistano correnti o sette che interpretano la "sacralità" della vita in maniera differente, è appunto quello che vorrei sapere. A questo punto mi piacerebbe scendere nello specifico e chiederti/vi: quali scuole conducono a quali risultati?
« Risposta #23 inserita:: Settembre 29, 2011, 22:09:52 »
tieni presente che nel 1960 (all'epoca in cui il famoso autore giapponese Zen Suzuki pubblicava alcuni dei suoi testi) c'erano circa 60.000 pubblicazioni disponibili nel solo giappone relative al buddhismo il che ti dice che non è chiaro cosa sia il buddhismo (sul teorema di pitagora non troverai mai una simile quantità di letteratura..)
non esiste una risposta breve alla tua domanda: il perchè alcuni buddhisti ( e anche monaci) hanno ucciso è frutto di scuole teoretiche di riferimento, interpretazioni da parte dei contemporanei dei fatti storici delle stesse last but not least dei contesti storici perche tutti gli uomini vivono nella storia (anche i monaci eremiti), come tutte le religioni il buddhismo ha interpretazioni molto diverse che sono state poi utilizzate da chi ne ha visto un possibile ritorno in modi diversi in funzioni degli spiragli che i vari contesti storici lasciavano aperti..ect...
non e' una equazione di primo grado con una variabile ma un calcolo matriciale, ti devi studiare le varie variabili e i vari pesi attribuiti agli stessi...
in termini cristiani e come se mi chiedi come san francesco può coesistere con la santa inquisizione, non posso darti una risposta seria con un post sarebbe solo una propaganda(qualunque fosse la risposta) come quelle che puoi vedere alla televisione ,anche stasera ,dei vari politici di turno ...
come insegna il buddhismo tutto ha una causa e un effetto e se alcuni buddhisti e ti ripeto anche monaci hanno ucciso una ragione c'e' ma te la devi cercare caso per caso nei vari contesti storici ....
L'etica da me esposta è in realtà di derivazione precedente a quella Buddhista, e viene dai Veda ( non dall'epoca Tokugawa). E' comunque stata adottata dall'ideologia Buddhista ( dopotutto Gautama Buddha era uno Ksatriya).
Le deviazioni dalla retta via non inficiano la retta via, ma solo coloro che deviano
corretto ma devi ammettere che il grosso del pubblico ancora oggi identifica isamurai con l'etica esposta nello hagakure, sipatico libercolo, e pensa che lo zen sia arte giapponese...
del rest, parlando di religione e giappone, i gesuiti avevano ben capito che per comunicare col popolo nipponico era utile portare, assieme alle bibbie, anche i fucili!!!
« Risposta #26 inserita:: Settembre 30, 2011, 15:37:21 »
in efetti il mahayana sarebbe la base di diffusione. l-amidismo di impronta nipponica è (credo) uno dei più noti. poi ci sarebbero le moderne derivazioni del culto del sutra del loto, con confusioni pazzesche e il predominio di sette come la soka gakkai, presente anche da noi.
aggiungiamo, se vogliamo, il caos che ruota attorno alle organizzazioni che speculano sullo zen... e via dicendo
non c'è nessuna incoerenza per un buddhista nel praticare arti marziali e nel difendersi, bisogna però conoscere davvero la filosofia buddhista.
suona tanto come 'se conosci una teoria abbastanza bene da saperla rendere così complicata che gli altri non riescono a seguirti, sicuramente saprai ricamarci su una supercazzola che giustifichi una tua qualunque affermazione (o azione), che gli altri - per gli assunti precedenti - non sapranno contestare'
suona tanto come 'se conosci una teoria abbastanza bene da saperla rendere così complicata che gli altri non riescono a seguirti, sicuramente saprai ricamarci su una supercazzola che giustifichi una tua qualunque affermazione (o azione), che gli altri - per gli assunti precedenti - non sapranno contestare'
No, assolutamente. Il punto è che la vera natura del buddhismo, come quella del cristianesimo, non è così facile da comprendere, e l'accettazione con la quale un monaco affronta la vita non è in contrasto con la difesa del suo essere.
No, assolutamente. Il punto è che la vera natura del buddhismo, come quella del cristianesimo, non è così facile da comprendere, e l'accettazione con la quale un monaco affronta la vita non è in contrasto con la difesa del suo essere.
Ti chiedo di provare a spiegare, secondo te, come dovrebbe essere questo rapporto per un monaco (magari specificando di che tradizione buddhista) tra il modo di concepire la vita e la difesa del suo essere.