Ho notato che il settore jiu jitsu ultimamente langue,perciò durante queste feste ho pensato di fare un po’ di chiarezza sul Metodo Bianchi vista la confusione e non conoscenza delle sue origini anche da parte di Maestri allievi di allievi del M°Bianchi e dato che quest’anno ricorreranno in Febbraio il cinquantesimo della scomparsa e in Giugno il centenario della nascita. Come ho potuto verificare quello che viene oggi insegnato e praticato ha poco in comune con il Metodo Bianchi originale e per come era praticato negli anni ’50;ma mi rendo conto che oggi sarebbe impossibile farlo per ovvi motivi che spiegherò più avanti. Ho detto in miei post precedenti e penso sia ormai noto a tutti che il M°Bianchi aveva appreso il j.j in Cina nella base italiana di Tien Tsin da alcuni ufficiali dell’esercito nipponico essendo l’Italia alleata del Giappone.Il Maestro Bagnulo in seguito ad un incontro avvenuto a Genova con me e con alcuni allievi degli anni 50 e presente la figlia del Maestro Bruna Bianchi ha effettuato delle ricerche presso gli archivi della Marina constatando che il M° Bianchi era stato imbarcato effettivamente sulla nave da guerra Diaz,ma non risultava nulla sulla sua presenza nella caserma Carlotto a Tien Tsin.Io però ho dimenticato di dirgli che il Maestro mi aveva confidato che a Tien Tsin aveva delle mansioni di intelligence e quindi penso che il suo nome sia stato mantenuto segreto o addirittura cambiato. Questo giustificherebbe anche il fatto che sia stato messo in contatto con quei militari giapponesi per apprendere un j.j. con applicazioni militari. Tutto ciò fino all’8settembre 1943 quando in seguito all’armistizio dell’Italia con gli alleati,il Giappone divenne nostro nemico e il contingente italiano fu trattato da prigioniero,ma il Maestro Bianchi avendo optato per la RSI continuò gli allenamenti e poiché il tempo stringeva ormai ,scrisse tutto su degli appunti numerando le tecniche con numeri progressivi per poterli ricordare più facilmente che con nomi giapponesi. Tornato a Genova riordinò i suoi appunti creando sette settori da A a G ognuno di 31 tecniche e iniziò ad insegnare ad alcuni amici in un piccolo locale. In seguito eliminò i settori F e G in quanto contenevano delle tecniche prettamente militari e pericolose da eseguire,ma la sigla FG rimase come prova d’esame per il passaggio da cintura bianca a cintura gialla e nei primi anni 50 l’FG veniva sostenuto anche per il passaggio da verde ad azzurra e consisteva nel subire uno strangolamento alla carotide fino alla perdita dei sensi,poi immediatamente si veniva rianimati con la tecnica del Quatzu (spero si scriva così). Tale prova fu abbandonata subito dopo l’eliminazione dei settori F e G. Poi decise di sfrondare i 5 settori rimasti di molte tecniche che erano ripetizioni di altre e ce le fece praticare come concatenamenti di tecniche di settore ma non facenti parte dei settori,che vennero ridotti a 20 tecniche (esattamente quelle riportate sul libro). Ora vi spiego perché è diverso il Metodo Bianchi di oggi,vi sono molte differenze con quello di allora,per prima cosa i corsi per bambini che da noi non c’erano,l’età minima per iscriversi era 15 anni,ma capisco che oggi con il proliferare delle palestre i Maestri fanno fatica a tirare avanti e quindi i bambini costituiscono una fonte economica non indifferente;bisogna anche cercare di conservare gli adulti,quindi se qualcuno si lamenta per una caduta , per una botta o mostra paura ad eseguire una tecnica particolare si chiude un occhio,mentre allora avevamo un esuberanza di iscritti e quindi non c’era problema a fare una selezione .Oggi ogni palestra deve essere coperta da assicurazione (penso sia obbligatoria) mentre allora non l’avevamo e se ci facevamo male erano ’fatti nostri’,ricordo un episodio l’unico di una certa gravità accaduto una sera:io stavo facendo lezione ad un gruppo di allievi su un tappeto(tatami era un termine sconosciuto) quando ho sentito un rumore seguito da un urlo,sembrava si fosse spezzato un ramo secco,in effetti nell’altro tappeto a fianco al mio era successo che nel praticare una catapulta doppia un allievo anziché saltare a piè pari sulle cosce all’altezza dell’inguine aveva sbagliato ed era saltato sulle ginocchia fratturando le articolazioni del compagno.Lo abbiamo steso a terra e dopo avergli bloccato le gambe con delle stecche gli abbiamo buttato addosso un cappotto e con la vettura dell’unico allievo che ne possedeva una lo abbiamo portato all’ospedale dove lo hanno ingessato.Poi con tutti gli allievi della palestra abbiamo fatto una colletta per pagargli lo stipendio a fine mese. Un’altra differenza è come viene praticata oggi l’agonistica e con quali regole :oggi chi si trova immobilizzato a terra viene contato per alcuni secondi e non può reagire più di tanto,allora noi avevamo due tipi di agonistica,quando la si faceva durante le lezioni normali la durata era di 3 minuti non vi era alcun conteggio durante un’immobilizzazione e quindi poteva finire senza vinti né vincitori,mentre quando si facevano gare non vi era limitazione di tempo e l’incontro finiva solo quando uno dei due batteva o dichiarava resa (similitudini col Brazilian j.j. ?).Inoltre erano vietati solo colpi diretti al viso,al basso ventre e lo strappo delle basette,mentre potevemo afferrare per i capelli,comprimere gli occhi ,colpire determinati muscoli e nervi ed effettuare strangolamenti fino alla resa dell’avversario,e proprio per questo nel tentativo di resistere ad oltranza spesso qualcuno perdeva i sensi, così in seguito il Maestro impose ai giudici di tappeto di verificare se chi stava subendo lo strangolamento era vigile (chiedendogli ad esempio se respirava,in caso contrario bisognava fischiare e se chi stava applicando non lasciava immediatamente la presa bisognava staccarlo di prepotenza anche colpendolo con calci al petto o sulle braccia).Tutto ciò farà storcere il naso a qualcuno però dovete pensare che i tempi erano diversi,la guerra era finita da pochi anni,in città vi erano ancora molte macerie dei bombardamenti,l’illuminazione stradale era poca e i negozi di sera non avevano insegne luminose quindi le strade erano abbastanza buie,la criminalità non era certo quella di adesso,però potevi incontrare dietro l’angolo quello che ti rubava ilcappotto o le scarpe, per questo la nostra era una scuola di difesa personale stradale,e per questo indossavamo scarpette da pugilato.In definitiva quello praticato da noi non era un J.J. tradizionale ma più semplicemente una lotta giapponese a stile libero. Inoltre il M° Bianchi ci diceva che se durante la giornata vedevamo qualcuno in difficoltà era nostro dovere intervenire in aiuto,eravamo cioè i precursori dei ‘city angels’ di oggi.Questo ci faceva amare dalla cittadinanza,e quando certe sere di Primavera ed Estate uscivamo dalla palestra di sera per fare fiato lungo le vie del centro,la gente ci riconosceva e ci applaudiva. Per ora non voglio abusare della vostra attenzione ma resto a disposizione per soddisfare eventuali vostre curiosità. Gianni
« Risposta #1 inserita:: Gennaio 15, 2014, 11:45:15 »
Ciao Gianni, io te lo avevo detto. Scrivi un libro, ma tu niente! Adesso che ho letto quanto hai scritto, mi spiego meglio un fatto di cui avevamo parlato sempre sul forum forse un anno fa. E cioè che dubitavo che dopo l'otto settembre Bianchi avesse potuto continuare ad allenarsi dai giappo, ma se tu dici che aveva aderito alla RSI me lo posso spiegare. Spero che lo abbia fatto solo per convenienza, (considerando che l'essere prigioniero dei giapponesi era cosa da non augurarsi al peggior nemico) e non per convinzione. Un caro saluto e resto in attesa di ulteriori notizie, sempre molto interessanti Giacomo
.Il Maestro Bagnulo in seguito ad un incontro avvenuto a Genova con me e con alcuni allievi degli anni 50 e presente la figlia del Maestro Bruna Bianchi ha effettuato delle ricerche presso gli archivi della Marina constatando che il M° Bianchi era stato imbarcato effettivamente sulla nave da guerra Diaz,ma non risultava nulla sulla sua presenza nella caserma Carlotto a Tien Tsin.Io però ho dimenticato di dirgli che il Maestro mi aveva confidato che a Tien Tsin aveva delle mansioni di intelligence e quindi penso che il suo nome sia stato mantenuto segreto o addirittura cambiato. Questo giustificherebbe anche il fatto che sia stato messo in contatto con quei militari giapponesi per apprendere un j.j. con applicazioni militari.
« Risposta #3 inserita:: Gennaio 15, 2014, 12:26:52 »
Ciao Giacomo,senza dubbio il M° deve aver optato per poter continuare con lo studio del j.j. e quando è tornato in Italia per essere operato di ulcera duodenale a Taranto,dopo il 25 Aprile è stato in carcere per alcuni mesi,ma ti posso assicurare che mai in palestra nè fuori abbiamo parlato di politica,e credimi nei primi anni 50 era molto calda!!!.Alle prime votazioni popolari lui sulla scheda aveva scritto 'viva lo sport'.
« Risposta #7 inserita:: Gennaio 17, 2014, 09:20:58 »
Hiro,cosa intendi per 'rivedere',forse 'modificare'?.Se è così quello attuale è già stato rivisto dal'64 da vari maestri,mentre altre cose che ho descritto erano già state'purgate' dal M° Bianchi nei primi anni 50. Ringrazio tutti per l'interesse Gianni
« Risposta #9 inserita:: Gennaio 17, 2014, 10:38:52 »
Salve, sono un amico di Hiro,ho letto con molto interesse le tue considerazioni sul Jiu-jitsu, metodo Gino Bianchi. Iniziai a Genova a praticare Jiu-jitsu nel 1965 con il maestro Tito Devoto, allievo diretto di Gino Bianchi. Tanti ricordi, e tante esperienze vissute in prima persona, in molte delle quali mi identifico con quelle che così bene hai descritto. Ambiente molto "rude", serate primaverili ed estive a correre in via Corsica ( la palestra era nei fondi della chiesa di S.Stefano sul Ponte Monumentale ) in tuta color amaranto con scritte stilizzate "giapponesi"in giallo "CALGJ- CLUB ATLETICO LOTTA GIAPPONESE JIU-JITSU"....eravamo tanti,la gente ci osservava ed eravamo compiaciuti, e ci sentivamo forti ed invincibili ( avevo 15 anni )....Però, pur se ancora oggi considero che quanto si faceva richiedeva molte capacità atletiche, fatte di forza, elasticità e coordinazione e, perchè no, coraggio, giudico oggi, come- arrivato ad un certo punto- anche allora, che quanto si praticava, il più delle volte, era bellissimo da vedere ma non era reale!!! tutto era troppo artificioso e combinato; se posso fare un paragone un pò forzato e "blasfemo" si avvicinava al Catch o Wrestlig dell'epoca! Soprattutto per questa, ma anche per altre ragioni, nel 1970 iniziai a praticare Karate, con il Maestro Luciano Parisi, pratica che ho continuato fino al 2012. E con questo concludo la mia personale considerazione sulla mia esperienza del jiu-jitsu, esperienza che è stata ricca e che mi ha dato modo di avvicinarmi e di aprirmi al mondo incredibile delle Arti Marziali. Oss.
Roberto Marino
P.S. Anche se gli anni non sono pochi continuo la pratica seppure in altre Arti
« Risposta #10 inserita:: Gennaio 17, 2014, 10:42:48 »
Purtroppo oggi non mi risulta che in qualche palestra si pratichi come allora,visto le limitazioni che esistono oggi ,c'è una palestra a Genova l'OCAJ dove si pratica con scarpette e pantaloncini corti,ma sono allievi di Monteverde (scomparso anni fa) che era un mio allievo in Famagosta e che non ha seguito il M°Bianchi per molto tempo,quindi..... Avevamo dei filmati di manifestazioni ma sono andati perduti dopo la morte del Maestro,io avevo trovato nell'archivio della Settimana Incom un servizio su uno stage che avevamo fatto nel '55 e che se non ricordo male Shizentai aveva messo su You tube ma poi subito ritirato,io ho un filmato fatto da me in qulla occasione ma è rotto in 18 frammenti e sto cercando di aggiustarlo e trasferirlo su dvd.Se riesco vi farò sapere.Per il resto puoi consultare il libro che avevamo fatto nel '56 e che è stato ristampato qualche anno fa. Gianni
..eravamo tanti,la gente ci osservava ed eravamo compiaciuti, e ci sentivamo forti ed invincibili ( avevo 15 anni )....Però, pur se ancora oggi considero che quanto si faceva richiedeva molte capacità atletiche, fatte di forza, elasticità e coordinazione e, perchè no, coraggio, giudico oggi, come- arrivato ad un certo punto- anche allora, che quanto si praticava, il più delle volte, era bellissimo da vedere ma non era reale!!!
lo so che siamo in tecnica ma qualche volta parlare dello spirito, nel senso di clima, nel senso di atmosfera, di sensazioni e sentimenti lo riterrei molto utile
certe esperienze sono state bellissime, al di la della scuola/programmi/efficacia.....
« Risposta #12 inserita:: Gennaio 17, 2014, 11:18:19 »
benvenuto Marino,sono d'accordo con te per quello che dici nella prima parte,però tu ti riferisci al'65,devi andare indietro di 15 anni,io ho conosciuto il tuo M° tito perchè il 26/5/56 il M°Bianchi gli ha conferito la cintura nera,ed allora lui insegnava presso la P.A.Burlando.Poi non devi confondere l'accademia che praticavamo con la squadra divulgativa e che era fatta per un pubblico acerbo che ancora non conosceva le arti orientali,(a Genova la prima palestra di Ju Do è arrivata verso la metà del '50 presso la UITE),con l'agonistica che facevamo tra le 4 mura di Salita Famagosta. Ti posso assicurare che qualche atleta ha avuto modo di mettere in pratica il j.j. come difesa personale.con risultati positivi. Per quanto riguarda il Karate anch'io l'ho praticato nel '67 con il Maestro Shirai e mi ricordo di Parisi e Ottaggio,tra l'altro Parisi aveva frequentato per poco tempo la palestra di Monteverde .Io poi ho avuto modo di difendermi da un attacco di Karate con il j.j. immobilizzando il mio istruttore .Ma il discorso efficacia ci porterebbe lontano,un avversario oppure il branco......,io ho trovato molto utile il Kendo,basta avere a portata un ombrello o un bastone (ho 74 anni!!!!!quindi posso portarlo). ti saluto Gianni
P.S.spero non ci siano doppioni visto che ho problemi con l'invio.Salve Fanchinna non ci conosciamo ma seguo sempre i tuoi interventi
« Risposta #13 inserita:: Gennaio 17, 2014, 12:12:32 »
Ciao Roberto, sono Giacomo Priano probabilmente tu non ti ricordi di me, anch'io sono stato allievo di Devoto, ho iniziato nel 1969 insieme a mio fratello, credo che tu fossi già marrone o nera: ti ricorderai sicuramente di Salvatore Barbucci. Le considerazioni che hai fatto sul JJ le posso condividere sino ad un certo punto, perchè è proprio in quegli anni che è cominciato l'agonismo con la FIK e quindi le cose hanno cominciato a cambiare (in meglio o in peggio, non saprei). Io ho lasciato Devoto nel 1980 e ho iniziato a fare karate proprio con un allievo di Parisi, ma non ho trovato il karate adatto ai miei scopi (che tra parentesi erano quelli di poter applicare il jj con un avversario che ti prendesse a calci e pugni) e quindi sono passato al full contact (e poi alla kick boxe) che ho trovato migliore per alcune ragioni che adesso non sto a elencare. Mi spiego meglio; praticando jj per 10 anni, non ho avuto problemi a passare a discipline diverse quali il judo o la kick boxing, mentre invece gente che ho conosciuto e che aveva praticato karate o judo si trovava poi in difficoltà con discipline totalmente diverse da quella di origine. Ma, sottolineo, è un fatto puramente personale. D'altronde mi pare che proprio Bianchi sostenesse che i settori erano propedeutici allo studio della difesa personale. E quindi, se è personale, ognuno la vede a modo suo. Comunque, mi ha fatto piacere avere tue notizie e sapere che sei ancora in attività (ma le altre arti non sono mica le bocce, eh?)
« Risposta #14 inserita:: Gennaio 17, 2014, 12:33:28 »
nonno gianni altri aneddoti ti prego.... sono molto interessato alla storia del ju jitsu in Italia... qualche tempo fa ho sentito voci di una fantomatica sfida tra judoka e allievi di Bianchi, ma non so nulla, magari è una panzana....